Come cambiano le cose in poche settimane. A metà dicembre nel mio programma radiofonico sulla Bbc How to vaccinate the world (Come vaccinare il mondo) ho chiesto a un gruppo di esperti un’opinione su un’idea ventilata da alcuni economisti e da Scott Gottlieb, ex direttore della Food and drug administration, l’agenzia statunitense per il controllo su cibi e farmaci: e se dessimo alle persone delle dosi singole del vaccino contro il covid-19 invece delle due dosi raccomandate, coprendo così il doppio delle persone? L’idea è stata respinta. “Dobbiamo procedere basandoci sulle prove scientifiche. E queste ci dicono che due dosi forniscono la protezione migliore”, ha detto Nick Jackson della Coalition for epidemic preparedness innovations, una fondazione che finanzia la ricerca contro le nuove infezioni. Gli altri ospiti della trasmissione erano d’accordo. Non c’è da sorprendersi: poche settimane fa la posizione di Jackson era la più diffusa tra gli scienziati. Ma di fronte alla carenza di dosi e alla diffusione del “super covid” è nato un dibattito.

La nuova politica del Regno Unito è dare la priorità alla prima dose e consegnare la seconda nel giro di tre mesi invece di tre settimane. I cinici sostengono che questo cambiamento sia una dimostrazione di scarsa lungimiranza, e che abbia l’obiettivo di produrre statistiche incoraggianti sul numero dei vaccinati. Tuttavia la raccomandazione non viene dal governo ma dal Comitato congiunto per la vaccinazione e l’immunizzazione (Jcvi), un gruppo di esperti indipendenti che fornisce consulenza al governo. Molti scienziati approvano la decisione. Altri sono scettici.

Quante dosi?
I nodi da sciogliere sono vari. Uno riguarda i benefici a breve termine del passaggio a un sistema che potremmo chiamare “prima la prima dose”. Bisogna vedere quanto è efficace una dose singola nel breve periodo (piuttosto efficace nel caso del primo vaccino di Biontech-Pfizer), se protegge abbastanza gli anziani che si trovano ai primi posti della lista d’attesa (non lo sappiamo), e se un ritardo indebolisce l’effetto di potenziamento della seconda dose (non sappiamo neanche questo; potrebbe perfino rafforzarlo).

Le auto funzionano meglio con due fanali, e le biciclette con due ruote. Ma una bici con una ruota è inutile, mentre un’auto con un solo fanale può andare bene in caso di necessità. Alla base della decisione britannica c’è l’idea che una dose singola somigli più a un’auto con un solo fanale che a una bicicletta con un’unica ruota. Dato che i vaccini oltre alla malattia evitano probabilmente la diffusione del virus, è possibile che anche le persone che si trovano in cima alla lista d’attesa traggano beneficio dal fatto che la loro dose viene temporaneamente dirottata: se costretto a guidare nel buio, preferirei che tutte le auto avessero un fanale funzionante piuttosto che alcune due e altre neanche uno. Con un virus pericoloso in circolazione, stiamo tutti guidando nel buio.

Ma il passaggio al regime “prima la prima dose” crea altri pericoli. Uno è la resistenza al vaccino. Le persone vaccinate a metà incoraggiano altri ceppi del virus. Per alcuni scienziati si tratta di un rischio modesto, altri la ritengono una potenziale catastrofe.

Un ulteriore problema è la sfiducia della popolazione. Le persone sono state vaccinate con la promessa di una seconda dose, salvo poi essere informate che riceveranno la seconda più tardi del previsto. Alcune si sentono tradite. Quindi, dopo aver fatto questo passo, il governo britannico ha bisogno di rafforzare la comunicazione e la raccolta di prove. Secondo Nicole Basta, epidemiologa all’università McGill, i test clinici studiano i benefici che un vaccino presenta in termini di protezione di un individuo, non le strategie di vaccinazione. Servono subito studi su queste strategie. Ma non basta: abbiamo bisogno di test clinici che mettano a confronto anche le diverse dosi, il tempo trascorso tra le dosi, e le vaccinazioni a dosi miste. Possiamo imparare molte cose anche solo studiando quello che succede a persone sottoposte a diversi regimi di vaccinazione. Quello che scopriremo ci permetterà di affinare le immunizzazioni di massa nei prossimi mesi e anni.

Alcuni di questi studi si faranno, ma temo non molti. Sembra che non esistano piani neanche per una cosa semplice come fare delle analisi del sangue dopo il vaccino per rilevare il livello di anticorpi. In ogni caso ci vorrà tempo per raccogliere prove solide. Nel frattempo non c’è niente di male nel fare dei tentativi.

Ma il governo britannico deve dire onestamente a medici e cittadini dove risiedano le incertezze. E deve sostenere la raccolta di prove per ridurle. Sarebbe poi magnifico se non desse l’impressione di prendere decisioni improvvisate. Non illudiamoci: la scelta non è facile. La strategia “prima la prima dose” è una scommessa. Ma questo vale anche per le alternative.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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