Il 2 luglio un decreto ministeriale ha stabilito che saranno 8.755 in Italia le immatricolazioni al corso di laurea in medicina e chirurgia. Le due facoltà di medicina della Sapienza di Roma ospiteranno il maggior numero di studenti: 784. A Bari ne andranno 346 e a Bologna 330. Piccole sedi come Vercelli, Foggia e Molise hanno 75 posti. In totale le sedi, statali e non, sono 40.
Il decreto non indica i criteri per la ripartizione dei posti. Così le università esercitano forti pressioni per aumentare la loro quota, mentre i grandi policlinici incoraggiano la nascita di piccole sedi per creare cattedre aggiuntive per i loro docenti. Il rapporto tra iscritti al primo anno e docenti è molto basso (meno di un iscritto per docente) e varia molto da una sede all’altra. A Messina il numero di docenti è il doppio dei nuovi iscritti, mentre a Salerno non c’è ancora un corpo docente stabile a fronte di 150 posti disponibili.
Come osserva Tullio Jappelli su lavoce.info, per garantire uno studio di qualità bisogna rivedere radicalmente i criteri per la distribuzione degli studenti. Il ministero potrebbe limitarsi a fissare un numero programmato su base nazionale e indire un concorso unico per le ammissioni.
Si tratta di garantire autonomia alle singole sedi, magari fissando alcuni requisiti minimi per le strutture e gli insegnanti. Le sedi di maggiore prestigio, e che garantiscono una formazione migliore, avrebbero più richieste, mentre negli altri corsi di studio il numero di iscritti diminuirebbe rapidamente. In questo modo migliorerebbe la qualità media dei nostri medici.
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