Nel terzo trimestre del 2012 il pil dell’eurozona è diminuito dello 0,1 per cento. Arretrando per il secondo trimestre consecutivo, l’area è entrata in recessione. Rallenta la Germania (il pil tedesco è cresciuto solo dello 0,2 per cento) e crollano i Paesi Bassi (-1,1 per cento). In controtendenza il Regno Unito (ma è un effetto temporaneo dovuto alle Olimpiadi), le tre repubbliche baltiche – Estonia, Lettonia e Lituania – e la Finlandia.

Gli ultimi quattro paesi messi insieme rappresentano, a livello economico, meno di un sesto dell’Italia. Quindi è difficile che siano in grado di tirare fuori il vecchio continente dalla crisi. La recessione italiana purtroppo non si attenua. I dati più recenti sulla produzione industriale (quelli relativi a settembre) indicano che finora è diminuita di quasi il 5 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2011.

È probabile che nel 2012 il pil diminuisca del 2,3 per cento rispetto all’anno precedente. È preoccupante che il livello assoluto del pil trimestrale sia tornato vicino al suo valore minimo, fatto registrare nel primo semestre del 2009, al termine della grande recessione. Allora, però, si era verificato un crollo del fatturato relativo ai mercati esteri, attutito dagli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione.

Oggi, purtroppo, l’economia è virtualmente senza rete di protezione e la crisi è molto più diffusa, perché il più colpito è il mercato interno.

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