Sono 1,7 milioni i nuclei familiari italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta, cioè con redditi inferiori a quelli necessari per comprare un insieme di beni e servizi minimamente accettabile. Prima della crisi, nel 2007, era in questa condizione il 4,1 per cento delle famiglie italiane, mentre nel 2012 la quota è salita al 6,8 per cento.

La mancanza di un efficace sostegno alle famiglie più in difficoltà è una delle principali carenze del nostro sistema di assistenza sociale. Una proposta di un gruppo di studio presso il ministero del lavoro (di cui ho fatto parte) vuole introdurre uno strumento di contrasto alla povertà universale e selettivo. Si tratta del Sia, acronimo che significa sostegno per l’inclusione attiva. Non è un reddito di cittadinanza, cioè un trasferimento universale e incondizionato destinato in misura uniforme a ogni cittadino. Il Sia è uno strumento destinato a tutti i cittadini che si trovano in condizioni di povertà, indipendentemente dalla categoria cui appartengono.

L’erogazione del Sia è anche condizionata a comportamenti “virtuosi”, come accettare i posti di lavoro disponibili, frequentare corsi di formazione e riqualificazione, svolgere compiti di cura. Vedremo a breve quale priorità il governo attribuirà a questo programma.

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