La camera dei deputati costa 2,2 volte in più rispetto alla camera dei comuni britannica. Il metro di paragone non è casuale perché i comuni sono un modello ideale, visto che hanno più o meno lo stesso numero di parlamentari (650 contro 630). Inoltre il Regno Unito ha una popolazione e un pil molto simili all’Italia, e pochi potrebbero negare che la democrazia britannica funzioni.

Nella prima puntata di uno speciale che sarà aggiornato ogni settimana da Roberto Perotti su

lavoce.info, si analizzano le componenti della spesa nel bilancio della camera per capire cosa fa lievitare i costi. La “remunerazione dei deputati” comprende le indennità e i rimborsi forfettari (assenti nei comuni), che sono solo un reddito non tassato. Questa voce rappresenta il reddito che i parlamentari “mettono in tasca”, indipendentemente dalle spese sostenute. In totale, sono 119 milioni, circa 188mila euro per deputato. Ai comuni vanno 51 milioni.

Incide molto la spesa per le pensioni dei deputati (131 milioni), cinque volte quella britannica. La camera spende trecento milioni di euro per il personale e duecento milioni per le pensioni, rispettivamente tre e quindici volte quello che spendono i comuni.

Se gli acquisti di beni e servizi sono comparabili, la camera spende 35 milioni in contributi ai gruppi parlamentari, sconosciuti nel Regno Unito, e 107 milioni di finanziamenti ai partiti, contro i circa otto milioni destinati ai partiti d’opposizione britannici. Mentre tutti vogliono ridurre le tasse e si chiedono nuovi sacrifici agli italiani, bisognerebbe tagliare questi costi.

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