Sono convinto che alcuni governi abbiano due ministeri con finalità diametralmente opposte. Uno attira i turisti, mentre l’altro fa di tutto per tenerli lontani. L’esempio migliore è l’India. Il suo ufficio del turismo spende molti soldi, spesso in modo fantasioso, per attirare i turisti. Intanto, però, le autorità che concedono i visti fanno del loro meglio per scoraggiare gli stranieri ad andare in India.

L’anno scorso ho passato una settimana in un albergo di Londra che si trova proprio di fronte all’ambasciata indiana. La mattina, quando guardavo dalla finestra, vedevo una lunga coda fin dalle prime ore del mattino. Molte di quelle persone erano in fila per chiedere il visto.

Ogni giorno parlavo con qualcuno di loro e tutti mi confermavano che, se si era fortunati, si riusciva ad avere il visto dopo qualche ora di attesa. Altre volte, invece, bisognava stare in coda tutta la mattina, con il rischio di arrivare alla porta proprio mentre l’ufficio stava per chiudere.

Io per fortuna non ho mai avuto grandi problemi a ottenere i visti per l’India. Solo una volta, in quello stesso ufficio di Londra, mi hanno detto di tornare in Australia e di chiedere il visto dal mio paese.

Ma dato che ho la doppia cittadinanza, ho potuto cambiare rapidamente nazionalità, diventando per l’occasione cittadino inglese. La storia dei visti è un buon indicatore di come funziona la burocrazia in India. Chiunque voglia andarci deve avviare la pratica con molto anticipo e armarsi di molta pazienza.

Naturalmente l’India non è l’unico paese che scoraggia i turisti con la sua burocrazia. E chi alla fine riesce a entrare, capisce di essere arrivato in un paese meraviglioso. Ho sempre pensato che l’India fosse un po’ come Londra. Un posto di cui ti stanchi solo quando sei stanco della vita.

Internazionale, numero 744, 16 maggio 2008

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