I pesanti tagli alla spesa pubblica per l’istruzione in molti paesi, perfino in Länder tedeschi a guida socialdemocratica, rinviano a un impegno finanziario altrettanto pesante per le famiglie che abbiano la pretesa di mandare i figli a scuola e magari all’università.

L’appello alle famiglie perché controllino le scuole e siano loro a “inculcare” quel che preferiscono nei figli, caro alle destre, si risolve dunque in un miserabile appello al portafoglio e in una cinica cacciata di ragazze e ragazzi delle famiglie meno ricche (questo pare il senso effettivo dell’aumento delle tasse come mostra, forse malgré lui, un’analisi dell’Economist del 30 giugno).

Anche dal mondo delle ricerche viene un appello, ma d’altro segno. Veille et analyse (n. 63) pubblica un ampio studio di Annie Feyfant, ricercatrice dell’Ens di Lione, sugli effetti dell’educazione familiare nell’andamento scolastico dei ragazzi.

Spremendo una vasta bibliografia internazionale e, tra l’altro, l’imponente Harvard family research project, Feyfant scava tra le correlazioni note (reddito familiare, livelli di scolarità di madre e padre) estraendo una costante, cioè il fatto che a ogni livello socioeconomico un peso decisivo ha “lo stile di vita: la costruzione comune di progetti, di spazi di comunicazione e di lettura con i figli”.

Problema: bisogna che le scuole convincano le famiglie a darsi questo stile. In attesa di incentivi pubblici, lo fanno il preside Ramón González, nel Bronx (Internazionale 895), e tanti meno noti insegnanti sparsi nel mondo.

Internazionale, numero 914, 9 settembre 2011

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