Al festival di Internazionale a Ferrara Annamaria Testa, parlando di scuola, ha sollevato una questione. Le scuole nate in Italia a inizio novecento ispirandosi alle idee educative di Maria Montessori sono circa 130 (il numero cresce contando anche sezioni singole in scuole ordinarie). Perché altrove sono molto più diffuse? Qualche dato: gli Stati Uniti hanno oltre cinquemila scuole Montessori, 1.640 la Germania, 800 il Regno Unito, 220 Olanda e Danimarca, 163 la Svezia, 150 il Giappone, poche (52) la Francia.
Anni fa Pietro De Santis, allora presidente dell’Opera Montessori, suggerì che la scarsa presenza delle Montessori in Italia dipenda dalla scarsa propensione delle famiglie italiane a investire in scuola. Ma è vero? Il caso francese e la restante geografia fanno pensare a un’altra possibilità: le Montessori stentano dove domina un impianto educativo centralistico, prosperano dove maggiore è l’autonomia.
In più, in Italia, grazie a Loris Malaguzzi, Mario Lodi, Gianni Rodari e al Movimento di cooperazione educativa, si sono sviluppate e hanno trovato riconoscimento nella scuola pubblica dell’infanzia ed elementare didattiche innovative che, come proponeva la Montessori, sono
child centered, attente a non fare crescere il “bambino senza mani”, il bambino “dalla pancia in su”, il bambino ripetitivo. In un libro che inaugura la nuova collana Fonda/menti (Ediesse) Renato Foschi ricorda anche alcune ombre ambigue che hanno accompagnato in vita la grande educatrice italiana.
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