L’Osservatorio europeo del plurilinguismo, nato dal confluire di diverse associazioni nel 2006, ha tenuto a Roma (10-22 ottobre) le terze Assise europee del plurilinguismo. Nella folla di interventi un dirigente dell’Atr, un’azienda aeronautica (sedi a Tolosa, Washington e Singapore), e uno dell’Oréal hanno spiegato che per migliorare la loro produttività le due imprese hanno deciso di prendere in carico la conoscenza di lingue diverse nella formazione del personale addetto a produzione, sevizi interni ed esterni e commercializzazione.

Le due testimonianze rientrano in una materia più complessa: l’incidenza di fattori linguistici nell’economia. Da alcuni anni nell’università di Ginevra è nato l’osservatorio Elf (économie, langues, formation). Qui François Grin, con diversi studiosi tra cui Michele Gazzola, ricercatore all’università Humboldt di Berlino, sta sviluppando nuove importanti analisi. La conoscenza di lingue straniere “crea una differenza di retribuzione che varia a seconda di tipi di produzione, sbocchi commerciali, paesi.

C’è qualche sorpresa. In Italia il differenziale è molto più alto per la conoscenza di tedesco e francese che per quella dell’inglese. Ma per Grin la diversità retributiva è solo un anello della concatenazione di fattori che collegano formazione scolastica, condizioni linguistiche collettive e individuali e vita economica. Grin spera che le politiche scolastiche e le imprese tengano conto dei risultati di quella che lui chiama economia delle lingue.

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