Buzdugan è quasi ingestibile. È stato ricoverato e gli sono state diagnosticate l’epilessia e una forma di schizofrenia. Diverse volte ha minacciato di uccidere la madre e i fratelli durante il sonno. Ha 12 anni.

A Lacrima, sua madre, capita di avere momenti di disperazione. Buzdugan è il più grande di tre fratelli. Tra poco arriverà il quarto. Lacrima è cresciuta in una famiglia poverissima e ha undici fratelli e sorelle. Sua madre è morta l’anno scorso, a 48 anni. Il padre è alcolista e lavora in uno dei tanti autolavaggi del quartiere di Ferentari, a Bucarest. Anche il marito fa lo stesso mestiere. Quasi tutti quelli che lavano le auto a Ferentari sono tossicodipendenti o spacciano droga, oppure entrambe le cose.

Lacrima e Buzdugan li ho conosciuti tramite Dario, fratello della donna e zio del ragazzo. Dario ha 11 anni e ci conosciamo da quattro: frequenta la nostra struttura di accoglienza. Ha altri tre fratelli più piccoli, anche loro spesso ospiti del centro. In qualche modo Dario fa parte della mia famiglia perché passa con me un sacco di tempo. A scuola va molto bene. Suo fratello maggiore – che aveva un potenziale straordinario e con cui avevo cominciato a lavorare tempo addietro – oggi trascina le sue giornate sniffando colla e rubando per poter pagare la dipendenza. Ha 14 anni.

Progressi veloci
Armando è uno dei fratelli di Buzdugan. Come la maggior parte dei bambini del ghetto all’inizio sembrava soffrire di deficit di attenzione. Dopo aver frequentato regolarmente per qualche mese i nostri corsi, ha imparato a rimanere concentrato per due ore di fila a fare i compiti. È un bravo ragazzo e fa progressi molto velocemente.

La stanza in cui Lacrima, Buzdugan e i suoi fratelli abitavano fino a due settimane fa non era più grande di dieci metri quadrati: meno di due metri quadrati per ciascuno. A causa della malattia di Buzdugan, Lacrima ha dovuto rinunciare al suo lavoro. Passava la maggior parte del tempo a pulire la casa e a cercare di proteggere Buzdugan. La baracca in cui vivevano era circondata da altre baracche, in mezzo alla sporcizia. Di giorno, nonostante tutti gli sforzi di Lacrima, la stanza era piena di scarafaggi. Anche nel frigorifero c’erano scarafaggi. Rispetto alle condizioni in cui era vissuta sua madre, la situazione di Lacrima era già migliore. Oggi è ulteriormente migliorata.

Pian piano anche la situazione di Buzdugan è migliorata, ma il bambino ha bisogno di medicine costose e di cure e attenzioni continue. Il fine settimana Lacrima viene a prendere i fratelli nel nostro centro di accoglienza e prova a offrirgli, per un giorno o due, l’illusione di una famiglia. Ci è rimasta male quando Dario le ha detto che preferisce stare con me il sabato e la domenica.

Ho visto molti professori che sono una vergogna per la professione, ma ne ho anche conosciuti due o tre molto bravi

Le bambine che mettono al mondo figli sono nei quartieri ghetto di tutto il mondo. Lacrima, Alina, Mihaela e Denisa sono solo alcune delle ragazze di Ferentari che hanno figli. Denisa ha avuto una vita da incubo fino a quattordici anni, quando ha deciso di scappare di casa insieme al suo ragazzo. Adesso ha un bambino e vive in condizioni altrettanto difficili. Ha 16 anni.

In genere i professori bravi evitano le scuole del ghetto dove di conseguenza i risultati scolastici sono molto inferiori alla media. A Ferentari questi problemi sono impressionanti.

Per un paio d’anni ho monitorato il numero dei docenti della scuola 136, in una delle zone più difficili del quartiere, che decidevano di andarsene: la percentuale era superiore all’80 per cento. Ho visto molti professori che sono una vergogna per la professione, ma ne ho anche conosciuti due o tre molto bravi.

Sono stato in diversi quartieri ghetto dove abitano soprattutto rom. La povertà spaventosa di questi luoghi ha effetti devastanti sulle persone che ci vivono. In posti del genere si deteriora non solo la salute, ma soprattutto la fiducia in se stessi.

Lacrima non si aspetta nulla, né per la sua vita né per quella dei suoi bambini. Ho sentito spesso genitori raccontare di aver fatto solo pochi anni di scuola e affermare di non avere aspettative per i figli. Sanno solo che a un certo punto andranno a trovarli in prigione, perché così sono sempre andate le cose.

La prostituzione, il traffico di droga, la delinquenza e la violenza (soprattutto quella domestica) sono i grandi problemi dei quartieri dove le persone vivono in condizioni di povertà assoluta.

Il razzismo radicato
L’idea che esista per forza un collegamento tra l’essere rom e questo livello di povertà abietta è pericolosa perché rischia di rafforzare gli stereotipi che la maggior parte della popolazione nutre già nei confronti dei rom. Eppure, l’assenza di una discussione su questo tema può avere effetti ancora peggiori. Abbiamo bisogno di politiche pubbliche con un impatto concreto nei quartieri ghetto. Per questo è necessario raccontare correttamente ciò che succede in posti del genere.

Il razzismo contro i rom è ben radicato nella mentalità collettiva, non solo in Romania ma in tutta Europa. Le conseguenze sono devastanti soprattutto perché impediscono a quelli che sono riusciti a farcela di affermare chiaramente che sono rom e di diventare così dei modelli per i bambini dei quartieri più poveri. Diversi studi dimostrano che siamo portati a cercare conferme per avvalorare le nostre idee e che solo raramente siamo disposti a esaminare in modo critico i concetti a cui siamo abituati. Se prendiamo in considerazione il recente successo dei partiti e dei leader politici estremisti, la nostra incapacità di combattere il razzismo al livello europeo si rivela evidente.

La verità è che riponiamo tutte le nostre aspettative nelle amministrazioni locali, nelle organizzazioni non governative, nei governi e nelle organizzazioni intergovernative, convinti che possano risolvere tutti i problemi, mentre ci aspettiamo decisamente troppo poco da noi stessi.

Succede lo stesso anche con i rom: ci si aspetta sempre che siano loro stessi a dover risolvere da soli tutti i loro problemi.

Per il momento Lacrima e la sua famiglia stanno meglio di un anno fa.

A Ferentari faccio parte di un gruppo di 50 volontari che riescono ad aiutare un centinaio di bambini, e le loro famiglie, a costruirsi nuove opportunità. Il nostro impegno è ancora isolato e siamo piuttosto disorganizzati, ma riusciamo comunque a soddisfare i bisogni immediati di queste famiglie. Documenti per l’iscrizione a scuola, quaderni, libri, penne e matite, un aiuto per trovare lavoro; e poi le visite dall’oculista e dal dentista, le emergenze mediche, l’aiuto per fare i compiti e per rimediare frigoriferi, lavatrici, cose per i neonati, stufette elettriche, cibo: sono alcune delle piccole cose che riusciamo a fare.

(Traduzione di Mihaela Topala)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito romeno Documentaria.

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