Fiore
Di Claudio Giovannesi. Con Daphne Scoccia, Josciua Algeri, Valerio Mastandrea. Italia, 2016, 110’

A Cannes, Fiore ha ricevuto dieci minuti di applausi. Non è una commedia, questo è certo. Piuttosto è un film-documento, basato su una realtà che il regista ha voluto conoscere bene prima di raccontarla, trascorrendo quattro mesi in un carcere minorile, luogo dove si svolge quasi tutto il film. Un po’ come aveva fatto per Ali ha gli occhi azzurri, in cui tutto era reso verosimile da un lavoro di preparazione minuzioso. Questo metodo ha permesso al regista di non cadere nel cliché della “storia d’amore vietata dietro le sbarre”.

L’interprete principale, Daphne Scoccia, conosciuta in una trattoria dove faceva la cameriera, ha un’espressività straordinaria del viso e del corpo. È lei il “fiore” del titolo. Daphne (i nomi dei “non attori” sono anche quelli dei personaggi) sopravvive grazie a piccoli furti. Un giorno non riesce a sfuggire alla polizia e finisce in prigione. S’innamora di Josh, un vicino di cella, interpretato da Josciua Algeri, che nella realtà ha trascorso due anni in carcere minorile. Ci sono due attori professionisti: Laura Vasiliu e Valerio Mastandrea, nel ruolo del padre di Daphne, indegno (anche lui è stato in galera) ma tenero. L’ultima scena è bellissima, folle e un po’ nouvelle vague.

Questo articolo è stato pubblicato il 17 giugno 2016 a pagina 80 di Internazionale, nella rubrica Italieni. Compra questo numero | Abbonati

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