Il 4 ottobre 2017 un gruppo di soldati statunitensi stava tornando alla sua base operativa in Niger dopo aver terminato una missione di ricognizione nel villaggio di Tongo Tongo, vicino al confine con il Mali. Il capo degli stati maggiori riuniti statunitensi, il generale Joseph Dunford, ha dichiarato che cinquanta miliziani del gruppo Stato islamico (Is) hanno teso un’imboscata al contingente. Per la prima ora i soldati non hanno chiesto l’appoggio dell’aviazione, convinti di poter gestire l’attacco. Quando i droni sono finalmente arrivati, insieme a un aereo francese, i miliziani dell’Is si erano già allontanati.
Il villaggio di Tongo Tongo è al centro di una zona cruciale per i commerci illegali nel Sahara. A ovest di Tongo Tongo c’è Gao (Mali) mentre a est c’è Agadez (Niger), ovvero i due principali centri di smistamento della cocaina che arriva dal Sudamerica a bordo di aeromobili di diverso tipo (questo traffico è chiamato Air Cocaine), e che viene trasportata attraverso il deserto del Sahara su camion e infine caricata a bordo di piccole imbarcazioni per raggiungere l’Europa. I segni del commercio di cocaina sono ovunque, dal quartiere di Gao chiamato Cocaina Bougou al soprannome di uno dei capi delle bande criminali di Agadez, Cherif Ould Abidine, detto Mister Cocaina.
La cocaina è una merce spaventosa. Ma ce ne sono altre: le armi e i profughi. Storicamente questa cintura di villaggi al confine con il Sahara ha avuto un ruolo molto importante nel passaggio dei caravanserragli che trasportavano oro, sale e armi. La creazione degli stati-nazione ha chiuso alcune delle vecchie rotte. In particolare la Libia, sotto il regime di Muammar Gheddafi, aveva sostanzialmente cancellato il commercio illegale dal Mali e dal Niger.
La guerra condotta dalla Nato in Libia, oltre ad aver creato il caos, ha riaperto le rotte del contrabbando. Flotte di pickup Toyota bianchi sono arrivati nel deserto per trasportare profughi e droga in Europa, e armi in Africa centrale e occidentale. Le carovane viaggiano da Agadez a Sebha (Libia), per poi imboccare la strada verso le città portuali. Ci sono due tipi di profughi: i giovani che viaggiano da soli in cerca di nuove opportunità in Europa e i profughi di guerra. Entrambi sono spinti dalla disperazione e finiscono nelle mani di trafficanti che li trasportano (insieme alla droga) attraverso le temibili sabbie del deserto.
Gli Stati Uniti considerano la cintura che parte dal Mali e attraversa il Niger un anello d’insicurezza
Nel tentativo di combattere il traffico di esseri umani attraverso il Mediterraneo, l’Unione europea ha deciso di dare una mano al governo del Niger e di altri paesi dell’area per trasformare il deserto del Sahara nella frontiera meridionale dell’Europa. Nel 2015 il Niger ha introdotto una legge durissima contro il contrabbando e l’Ue ha finanziato la polizia e l’esercito nigerini, che hanno dichiarato guerra ai trafficanti. Nel 2016 ne sono stati arrestati più di cento, e i loro veicoli sono stati confiscati.
La popolazione di centri come Agadez, patrimonio dell’umanità per i suoi caratteristici edifici rossi, si sente vulnerabile di fronte ai gruppi estremisti islamici. Ce ne sono molti nella zona: Al Qaeda nel sud del Mali e dell’Algeria, il gruppo Stato islamico nel sud della Libia e Boko haram nel nord della Nigeria e nella zona attorno al lago Ciad. Non c’è da stupirsi se gli Stati Uniti considerano la cintura che parte dal Mali e attraversa il Niger “un anello d’insicurezza”.
È da notare che le misure prese dai governi contro i trafficanti non hanno migliorato la terribile situazione dei profughi e dei migranti. I disperati continuano a partire, a prescindere dai confini aperti o chiusi.
Inoltre, come sottolinea l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, la nuova presenza di militari nel deserto spinge i trafficanti ad abbandonare i profughi lungo la strada se si presenta il minimo ostacolo. Le Nazioni Unite hanno salvato oltre mille migranti abbandonati. Si pensa che in centinaia siano morti lungo la rotta. La Croce rossa nigerina riferisce che un gruppo di quaranta profughi ha trovato la morte lungo il percorso a maggio quando il loro veicolo ha avuto un guasto. Mentre il confine dell’Europa si sposta a sud, dalla riva settentrionale del Mediterraneo al limite meridionale del Sahara, è probabile non avremo mai una stima affidabile dei morti.
L’autostrada dell’uranio
A cinque ore di auto a nord di Agadez si trova Arlit, una grande fonte di uranio. Quindici anni fa gli Stati Uniti accusarono il governo iracheno di Saddam Hussein di aver importato ossido di uranio dal Niger. Alla fine, quando l’ambasciatore Joe Wilson si recò in Niger per incontrare l’allora primo ministro Ibrahim Assane Mayaki, scoprì che l’accusa era infondata. Ma le miniere di Arlit sono reali. La città è una fortezza delle aziende minerarie, da quelle controllate dal governo del Niger a una serie di compagnie francesi, a cominciare da Areva.
La strada che parte da Arlit è conosciuta come l’autostrada dell’uranio. È la stessa strada usata nel 2010 da Al Qaeda nel Maghreb islamico per portare via in ostaggio cinque dipendenti francesi di una miniera di Areva. Le miniere dell’azienda francese sono state attaccate con un’autobomba nel 2013. Le forze speciali francesi operano per proteggere le miniere e i circa duemila europei che vivono nel centro abitato. “Una lampadina su tre è accesa grazie all’uranio del Niger”, ha sottolineato Oxfam nel 2013. Si tratta di un materiale troppo prezioso perché i francesi possano ignorarlo, ed è per questo che l’operazione francese Barkhane si concentra sul Sahel, la regione a sud del Sahara, dalla Mauritania all’Eritrea. Il quartier generale dell’operazione si trova nella capitale del Ciad, N’Djamena.
I francesi non sono gli unici. Gli statunitensi non solo mantengono migliaia di soldati in Africa, ma hanno anche diverse basi. La più conosciuta è in Gibuti (Camp Lemonnier) ma ce ne sono altre in Etiopia e in Kenya, oltre a postazioni operative in tutto il Sahel. Gli Stati Uniti stanno inoltre costruendo un’enorme base da cento milioni di dollari ad Agadez. L’Air Base 201 sarà usata soprattutto per i droni come gli MQ9 Reaper che decollano da Agadez per raccogliere informazioni nella zona, ricca di risorse naturali eppure estremamente povera. La base è in costruzione alla luce del sole.
Per questo è sorprendente che il senatore Lindsey Graham, esponente della commissione per le forze armate, dichiari: “Non sapevo che in Niger ci fossero mille soldati” statunitensi.
La siccità che ha colpito il Sahel ha creato diversi conflitti tra le comunità di pastori, che sono poi sfociati in scontri etnici
Pubblicamente non è stata fornita alcuna prova che i soldati statunitensi morti vicino a Tongo Tongo siano stati uccisi dall’Is. In privato alcuni funzionari dei servizi segreti statunitensi ammettono che è solo un sospetto. Non sanno a chi fossero affiliati i combattenti. Il comando statunitense in Africa (Africom) sostiene che è “inappropriato” fare speculazioni sull’incidente e sull’identità di chi ha attaccato le truppe americane.
La situazione è particolarmente pericolosa. È innegabile che nella regione sono attivi gruppi estremisti islamici. E la spaventosa siccità che ha colpito il Sahel ha creato diversi conflitti tra le comunità di pastori nel Niger orientale, che sono poi sfociati in scontri etnici. Nella regione alcuni gruppi, come i mohamid e i peul, ne hanno approfittato per accusare i boudouma di far parte di Boko haram. Questo genere di opportunismo è stato particolarmente frequente in Afghanistan, dove le tribù hanno usato la potenza di fuoco degli americani per colpire vecchi nemici (accusare qualcuno di far parte dei taliban era sufficiente a convincere gli americani a effettuare un bombardamento aereo).
Le radici di questi conflitti sono le stesse che riscontriamo altrove: distruzione ambientale, disoccupazione, guerra e presenza di materiali (come la cocaina e l’uranio) essenziali per l’occidente. Nessuno di questi problemi sarà risolto. In Niger arriveranno solo altri soldati e altra distruzione, altro dolore e altra rabbia.
Non ci sarà alcun interesse per la nuova Rete nordafricana per la sovranità alimentare, creata il 5 luglio a Tunisi, con la sua lista più che ragionevole di richieste. Non ci sarà alcuna riflessione sulla morte della speranza per il Sahel, cominciata con l’omicidio del presidente del Burkina Faso, Thomas Sankara, il 15 ottobre di trent’anni fa. “Dobbiamo osare inventare il nostro futuro”, disse Sankara. Quello che abbiamo davanti, le azioni delle forze speciali statunitensi e francesi e dei soldati di Niger e Ciad, non è il futuro. È un presente miserabile.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è uscito su Alternet.
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