In questi giorni sono stati firmati più di cento accordi bilaterali tra Cuba e il Venezuela. Il timore è che la nuova ondata di risorse in arrivo dall’esterno rafforzi la sfera statale a scapito di quella privata. Tra le ragioni che hanno frenato l’iniziativa privata alla fine degli anni novanta c’è stato l’arrivo al potere di Hugo Chávez.

Grazie al sostegno materiale offerto da Caracas, Fidel Castro ha trovato un modo più centralizzato e meno pericoloso di sostenere le casse dello stato. Ecco perché questi ultimi accordi, che valgono 1,3 miliardi di dollari per il 2011, sono preoccupanti. Come se non bastasse, ogni giorno dalla terra di Bolívar arrivano centomila barili di greggio.

Anche se il governo lo definisce uno scambio equo e solidale tra due popoli uniti da un sentimento fraterno, è difficile nascondere la nostra inferiorità. La stampa ufficiale giustifica l’arrivo di risorse così ingenti con il fatto che Cuba fornisce al Venezuela dei servizi medici. Ma tutti sanno che il personale sanitario della missione Barrio adentro riceve uno stipendio basso. Il rischio di svegliarci un giorno e venire a sapere che Chávez non c’è più, com’è successo con il muro di Berlino, incombe su questa nuova dipendenza.

La paura nasce da quello che abbiamo già vissuto. Fino a quando ci sarà un partner potente a sostenerci, le fragili gambe del paese non riusciranno a svilupparsi e la sovranità economica di cui tanto abbiamo bisogno non farà che slittare in avanti.

*Traduzione di Sara Bani.

Internazionale, numero 902, 17 giugno 2011*

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