Quando Mahmoud Ahmadinejad è sceso dall’aereo all’Avana, ad accoglierlo non c’erano manifestazioni di benvenuto o di protesta. Non c’erano neanche gruppi di difensori dei diritti dei gay a denunciare il trattamento riservato agli omosessuali in Iran.
Nell’aula magna dell’università dell’Avana, in presenza degli accademici più autorevoli dell’isola, gli è stato conferito un dottorato honoris causa in scienze politiche e ha tenuto una conferenza. Quando il presidente iraniano ha auspicato “un nuovo ordine che rispetti tutti gli esseri umani”, nessuno dei presenti ha osato mettere in discussione le sue affermazioni. Tutti hanno applaudito quest’uomo dagli occhi minuscoli che potrebbe far scoppiare la prossima guerra mondiale. Raúl Castro l’ha ricevuto poche ore dopo al palazzo della rivoluzione per confermare il suo sostegno al programma nucleare di Teheran. Così alla fine il visitatore ha ottenuto la sua foto di famiglia con il collega cubano.
Ci vorrà del tempo per valutare l’impatto del soggiorno di Ahmadinejad in America Latina e soprattutto della sua breve presenza a Cuba. Una volta spente le telecamere e finite le conferenze all’università, quando i titoli della stampa parleranno d’altro, sarà possibile valutarne il vero effetto. Capiremo allora se il governo cubano avrà cominciato a occuparsi dei problemi del paese o se continuerà invece a tenere per mano il regime di Teheran, distogliendo l’attenzione dalle difficoltà interne.
*Traduzione di Francesca Rossetti.
Internazionale, numero 932, 20 gennaio 2012*
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