Il presidente cubano è andato qualche giorno in Cile per il vertice della Comunità degli stati latinoamericani e caraibici (Celac) con l’Unione europea. Da quando è diventato presidente nel 2008, le sue poche visite all’estero hanno scatenato polemiche. Questa volta c’è stato chi l’ha acclamato e chi ha chiesto di processarlo. Eppure, il fratello minore del comandante in capo ha ottenuto la presidenza pro tempore di quest’organismo regionale. Molti credono che la Celac perderà il suo prestigio, perché ha scelto come guida un presidente che non è stato eletto democraticamente. Ma quest’incarico obbligherà Raúl a mostrare più rispetto per i diritti umani.

Quella che sembra una vittoria politica del raulismo potrebbe trasformarsi in un elemento di pressione sul suo governo. La recente apertura di Castro sull’economia e sulla possibilità di uscire dal paese sarà valutata con più severità ora che Cuba è alla guida del blocco latinoamericano e caraibico. E la decisione del governo cubano di non ratificare il Patto sui diritti civili, politici ed economici non sarà più accettabile. Tutti gli occhi del continente saranno puntati sul nostro paese. Nessun onore è privo di responsabilità. Forse negli ultimi cinque anni di mandato Raúl Castro si comporterà da riformista, come molti ritengono che sia.

Adesso che la presenza del fratello Fidel sta svanendo e quella di Hugo Chávez sta perdendo terreno, Raúl dovrà camminare per la prima volta sulle sue gambe.

Traduzione di Francesca Rossetti

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