A Londra ho incontrato il mio vecchio amico Abdullah, 65 anni, avvocato in pensione, che di recente è tornato per due mesi in Iraq. Lui ora vive nel Regno Unito ma è molto deluso dalla situazione in Iraq: “Non è un paese, sono le rovine di un campo di battaglia”.

Sua moglie mi ha detto che Abdullah resta incollato tutto il giorno alle tv irachene per seguire le ultime notizie. “Ha monopolizzato la tv in salotto. Se vogliamo vedere le fiction arabe o turche, dobbiamo andare in camera da letto”.

Abdullah non è religioso – ama bere il whisky – ma considera gli ultimi attentati in Iraq e dintorni come una guerra fatta da musulmani contro altri musulmani. Mentre ascoltava la notizia di un’esplosione in un quartiere sciita di Baghdad, Abdullah ha dato un pugno al tavolo e si è girato verso di me pieno di rabbia. “Vedi? L’occidente, un tempo ‘il grande satana’, è scomparso dalla lista dei nostri nemici. Ora noi sciiti siamo diventati il ‘grande satana’”.

Abdullah è convinto che il Medio Oriente sarà coinvolto in un conflitto religioso (tra le varie correnti dell’islam), come a Belfast o nei Balcani. “Durerà anni, se non decenni. Ecco perché i soldati occidentali si ritireranno in fretta dalle zone di guerra musulmane”.

Abdullah, pienamente convinto della sua teoria, ha cominciato a disegnare una mappa, indicando stati come la Turchia, l’Arabia Saudita e l’Egitto, contro l’Iran, la Siria e l’Iraq. “L’Iraq sarà il principale campo di battaglia, come possiamo ben capire dagli attacchi che avvengono ogni giorno”.

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