La piana di Mosul era tutta verde e gialla, dal colore dei fiori di camomilla. Su entrambi i lati della strada c’erano dei villaggi cristiani con delle piccole chiese. I cristiani iracheni vivono su questa piana da più di mille anni, insieme ai curdi, agli yazidi e al popolo shabak.
Come il resto dei cristiani in Iraq, temono i musulmani, sia arabi sia curdi, perché, con il sostegno dei partiti islamici, hanno cominciato a comprare le terre delle famiglie cristiane povere, costringendo i giovani a emigrare verso ovest. In un incontro nella città di Ain Kawa i leader dei partiti cristiani e gli attivisti delle ong locali hanno espresso le loro paure: “Negli anni ottanta eravamo un milione e mezzo. Ma in tanti se ne sono andati via a partire dagli anni novanta, e in particolare dopo il 2003. Oggi i giovani devono affrontare la disoccupazione e le minacce degli estremisti islamici”.
Uno dei leader cristiani ha proposto di “fondare una provincia autonoma con un suo governo locale”. “Ma chi difenderà questa provincia? Un esercito cristiano? Gli eserciti occidentali?”, gli hanno fatto notare.
Alla fine dell’incontro i partecipanti hanno deciso di inviare un appello ai governi di Baghdad e di Erbil affinché proteggano i cristiani dall‘“estinzione”.
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