Il 7 ottobre si è tenuta l’ultima seduta del parlamento iracheno.
Dalla sua prima sessione nel settembre 2018 l’attuale parlamento si è riunito 149 volte, in un periodo in cui per mesi si sono svolte intense proteste che hanno fatto anticipare le elezioni di un anno rispetto alla scadenza prevista. Secondo l’Osservatorio parlamentare iracheno questo è stato “il peggior parlamento in confronto alle tre assemblee elette dalle prime elezioni del 2005”.
Su un totale di 229 deputati tredici non sono iscritti a nessuna delle commissioni permanenti; 57 non hanno mai fatto un intervento, partecipato, preso parola o presentato un ordine del giorno; 31 hanno partecipato una volta sola all’assemblea; quattro non hanno mai prestato il giuramento costituzionale. L’attività complessiva della camera dei rappresentanti equivale a 61 giornate lavorative di sette ore.
Scarse possibilità
Con un parlamento che si è mosso così al rallentatore, il 45 per cento degli iracheni ritiene che dalle elezioni anticipate del 10 ottobre non verrà alcun cambiamento. La competizione infuria tra oltre 3.500 uomini e donne candidati per i 329 seggi parlamentari, distribuiti sugli 83 distretti elettorali del paese.
Saranno i soliti partiti dominanti a prendere il prossimo parlamento. Ci sono scarse possibilità che siano eletti deputati nuovi e indipendenti. Il ricercatore Alaa Adres sostiene che sarà il consenso politico tra i principali partiti, e non il voto parlamentare, a determinare le decisioni importanti: “Per questo ai deputati non importa niente”.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
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