C’è rabbia a Erbil, la capitale della regione autonoma curda dell’Iraq, a causa dei continui bombardamenti iraniani, compiuti direttamente dall’esercito o dalle sue milizie alleate di Teheran. Alle ore 21.35 esatte dell’8 giugno, un altro drone carico di esplosivo ha colpito un ristorante sulla strada tra Erbil e Pirman. Tre persone sono state ferite mentre erano sedute al tavolo e molte auto nel parcheggio sono rimaste danneggiate.
Il consiglio di sicurezza della regione curda ritiene che la responsabilità dell’attacco sia della milizia Hezbollah in Iraq, fedele all’Iran. E ha affermato che l’attacco terroristico si aggiunge a quelli già compiuti con l’obiettivo di mettere pressione sul governo regionale curdo. È il quinto negli ultimi due mesi.
L’Iran ha riconosciuto ufficialmente la sua responsabilità diretta solo per uno di questi episodi. Gli altri sono da attribuire a militanti fedeli a Teheran. Un’agenzia di stampa ufficiale iraniana, la Faris, ha affermato che l’attacco era mirato al consolato statunitense a Erbil e che avrebbe colpito con successo tre veicoli con a bordo una cellula del Mossad israeliano.
A Erbil sale la collera, perché non c’è alcuna risposta da parte del governo centrale. Sui social media è comparso il video di un curdo iracheno che rivolgendosi a una folla esalta rabbioso l’ex dittatore Saddam Hussein: “Se ci fosse ancora lui al potere, non lascerebbe invendicato questo attacco”. Il primo ministro Mustafa al Kadhimi ha chiamato il premier del governo regionale del Kurdistan Massoud Barzani per dirgli che “l’attacco di mercoledì sera con il drone contro la città di Erbil riflette la determinazione di alcuni a perpetuare la logica del caos e a colpire il concetto di stato”.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
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