Cultura Schermi
Il seme del fico sacro
Soheila Golestani, Missagh Zareh
Iran / Francia 2024, 167’. In sala
Il seme del fico sacro (dr)

Dal 2002, Mohammad Rasoulof ha realizzato otto lungometraggi, per la maggior parte prodotti clandestinamente. L’ultimo lo ha costretto all’esilio. Nel film Rasoulof cerca di descrivere i meccanismi interni del pensiero totalitario attraverso il prisma di una famiglia della classe media che cova sulle braci di un conflitto intergenerazionale. Il dramma è innescato da due eventi simultanei: la nomina del capofamiglia come giudice del tribunale rivoluzionario di Teheran e la nascita del movimento di protesta per la morte di Mahsa Jina Amini, 22 anni, “colpevole” di non aver indossato il velo correttamente. Riducendo l’orrore totalitario alla dimensione di un microcosmo familiare, Rasoulof mostra una indubbia intelligenza registica. L’ambientazione a porte chiuse, soffocante e recalcitrante (mostra i conflitti e anche i capelli delle donne) sembra affermare: “Questo è il massimo che posso filmare”.
Jacques Mandelbaum, Le Monde

L’erede
Marc-André Grondin
Francia 2024, 112’. In sala

Ellias (Grondin), astro nascente dell’alta moda francese, ha lasciato il Québec da vent’anni, ma non è riuscito a liberarsi del suo passato. La morte di un padre che non ha mai amato lo costringe a tornare a Montréal per sistemare la successione. Due o tre giorni al massimo per poi riprendere il corso della sua carriera. Ma nell’ordinaria casa paterna lo attende un’eredità terrificante. Legrand si avventura in un cinema di genere estremo, fra tragedia greca e racconto nero. Non anticipiamo altro della discesa agli inferi (e in cantina) di Ellias che, sconvolto e vigliacco, non ne azzecca una. A volte il regista opta per una violenza da grand-guignol. In altri evoca lacrime catartiche, come quando il figlio si rende conto di essere un degno successore del padre, un volenteroso burattino in questo gioco al massacro del patriarcato e della violenza maschile. Avvincente e a momenti letteralmente soffocante, il film non cerca mai di essere piacevole, tantomeno con il suo antieroe.
Guillemette Odicino, Télérama

Captain America. Brave new world
Anthony Mackie, Harrison Ford
Stati Uniti 2025, 118’. In sala

Chi sperava che i Marvel Studios fossero decisi a rimettersi in carreggiata realizzando meno film, ma di maggiore qualità, non ha ancora visto Brave new world, un’altra grande delusione del fatiscente Marvel cinematic universe. E il fiasco è evidente soprattutto perché i film di Capitan America erano tra i migliori dei 35 che compongono l’articolata saga che ruota intorno agli Avengers. Questo è, di gran lunga, il peggiore. Sam Wilson (Mackie, un attore carismatico ma abbandonato dalla sceneggiatura) dopo aver ereditato lo scudo da Steve Rogers, è il nuovo Capitan America e deve sgominare un complotto globale contro il burbero e focoso nuovo presidente degli Stati Uniti, Thaddeus Ross (Harrison Ford). Lo attendono varie sfide in luoghi esotici come Baltimora e Norfolk. All’inizio del film Ross incarica Wilson di ricostituire gli Avengers. “Il mondo ha bisogno degli Avengers”, conferma Wilson. Siamo sicuri?
Johnny Oleksinski, New York Post

Paddington in Perù
Hugh Bonneville, Emily Mortimer
Regno Unito / Francia / Stati Uniti / Giappone 2024, 106’. In sala
Paddington in Perù (dr)

Nel terzo capitolo delle sue avventure il nostro eroe porta la sua infinita scorta di marmellata nel suo paese d’origine alla ricerca della zia Lucy. Ma quando Paddington e la famiglia Brown arrivano nella casa di riposo per orsi gestita da suore canterine, la madre superiora (Olivia Colman) gli rivela che Lucy è sparita. Segue un’avventura nella giungla con il sempre più intrepido signor Brown (Bonneville), un’appiccicosa signora Brown (con Mortimer che subentra alla rimpianta Sally Hawkins) e un esagerato capitano di un battello fluviale (Antonio Banderas). L’azione cresce, sostituendo la squisita semplicità e l’ilarità delle avventure londinesi dell’orsetto. Rimane una piacevole scorribanda per famiglie, ma al film mancano evidentemente l’agilità inventiva, l’arguzia e i tempi comici dei precedenti.
Wendy Ide, The Observer

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1602 - 21 febbraio 2025
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