“Il viaggio non lo rifarei, soprattutto il tragitto nella giungla. Ho pensato di morire a un certo punto. Si cammina in gruppo, ma alla fine ognuno pensa per sé e i pericoli sono molti, si devono attraversare fiumi e si viene attaccati e derubati”, Eneciela El Durán è appena arrivata sulla sponda messicana del fiume Suchiate, che divide il Messico dal Guatemala, insieme al marito e ai due figli. Cammina sull’argine, mentre ancora non riesce a credere di avercela fatta. È venezuelana, come la maggior parte dei migranti che negli ultimi giorni ha attraversato il corso d’acqua a bordo di zattere costruite con dei pneumatici e delle assi di legno.

Racconta di essere scappata dal suo paese di origine a causa della crisi economica, ma anche per gli ultimi avvenimenti politici, che hanno inasprito l’atteggiamento delle autorità contro gli oppositori del governo. Il 29 luglio infatti il consiglio nazionale elettorale del Venezuela ha proclamato ufficialmente la rielezione del presidente uscente Nicolás Maduro, anche se l’opposizione e diverse autorità internazionali hanno denunciato brogli e irregolarità.

“Ti mettono in carcere, anche se critichi il governo solo con il pensiero”, racconta El Durán. È appena arrivata in Messico, ma la sua destinazione finale sono gli Stati Uniti. Vuole provare ad arrivare prima delle elezioni di novembre, ma non sa che le regole sono già cambiate e che Washington ha introdotto nuove restrizioni a partire dal 4 giugno, quando il presidente Joe Biden ha firmato un ordine esecutivo che impedisce ai migranti di chiedere l’asilo quando gli ingressi sono più di 2.500 al giorno e favorisce le espulsioni verso il Messico.

El Durán non si aspetta che la traversata del paese possa essere così pericolosa e difficile e s’incammina a piedi verso la piazza centrale di Ciudad Hidalgo, dove passerà la notte insieme ad altri migranti, in attesa di capire come spostarsi verso Tapachula, prima tappa del viaggio attraverso il Messico. “Quelli che hanno i soldi trovano un passaggio velocemente, quelli che invece non li hanno aspettano. Ma sono esposti a ogni tipo di pericolo”, spiega Heyman Vázquez, il parroco di San Andrés Apóstol, la chiesa che si affaccia sulla piazza centrale della città e che distribuisce pasti caldi ai migranti.

Lungo la strada che collega Ciudad Hidalgo a Tapachula spesso nelle ultime settimane i migranti sono stati fermati, rapiti, sottoposti a estorsione, a ricatto e derubati da gruppi criminali che si contendono il controllo della zona, racconta il sacerdote. Succede anche se le persone si muovono in carovane.

Il 13 agosto il presidente del Guatemala Bernardo Arévalo ha dichiarato di avere rafforzato la sorveglianza delle frontiere a causa dell’ingresso di centinaia di messicani in fuga dalla violenza dei gruppi di trafficanti di droga lungo la frontiera meridionale del paese. Secondo il centro di analisi Insight Crime, i cartelli di Sinaloa e Jalisco Nueva Generación si contendono il controllo delle città di frontiera, fondamentali per il traffico di droga, armi e migranti che attraversano il Messico per raggiungere gli Stati Uniti.

Dal 23 luglio centinaia di messicani sono entrati in Guatemala dallo stato meridionale del Chiapas per sfuggire alla violenza. Di questi 207 hanno ricevuto un permesso umanitario. Alcune cittadine del Chiapas, come Chicomuselo, un paese di cinquemila abitanti, sono state completamente abbandonate dalla popolazione che si è rifugiata in altre città messicane più a nord o in Guatemala, dall’altra parte del confine.

Passaggio di frontiera lungo il fiume Suchiate a Ciudad Hidalgo, tra Messico e Guatemala, agosto 2024. (Annalisa Camilli)

“Quando arrivano in Messico i migranti spesso non si rendono propriamente conto di quello che li aspetta, pensano di essere quasi arrivati a destinazione, ma in realtà il paese è molto grande e il cammino per loro è ancora lungo. Da Tapachula a Città del Messico c’è una distanza enorme, pari alla lunghezza di tre volte l’Honduras”, spiega Sebastián García, capomissione di Medici senza frontiere (Msf) in Messico, organizzazione che è presente a Tapachula e in diverse località in tutto il paese. “Vediamo persone vittime di violenza, di abusi sessuali, perfino di tortura o che hanno subìto sequestri lungo la rotta”, continua García.

“Nell’ultimo anno i flussi si sono ridotti a causa delle misure adottate dal Messico e dagli Stati Uniti, ma le persone continuano ad arrivare”. Rispetto al passato, si tratta di più di famiglie con bambini anche piccoli, mentre prima viaggiavano uomini da soli. “A causa delle restrizioni adottate da Stati Uniti e Messico, i migranti aspettano nel paese anche diversi mesi”, continua García. Alcuni sono fermati dalla polizia di frontiera e sono riportati indietro, in località che si trovano più a sud, in una specie di crudele gioco dell’oca.

Nel 2023 la polizia di frontiera ha registrato più di 2,4 milioni di attraversamenti lungo il confine meridionale degli Stati Uniti. A gennaio del 2023 Washington ha lanciato un’applicazione che permette ai migranti che sono in Messico di prendere un appuntamento per richiedere l’asilo. L’app è diventata uno dei pochi modi per richiedere asilo nel paese, dopo che sono entrate in vigore le ultime restrizioni a giugno del 2024.

Il numero di migranti che attraversano illegalmente il confine degli Stati Uniti è diminuito in modo significativo dal dicembre del 2023 e Washington attribuisce gran parte di questo calo alle misure adottate dal Messico, che prevedono il fermo per i migranti e il loro trasferimento forzato verso zone più a sud.

Il 23 agosto in una lettera aperta al governo messicano decine di organizzazioni non governative e di gruppi che si occupano della difesa dei diritti umani hanno definito l’applicazione per chiedere asilo, anche chiamata Cbp one, “una violazione del diritto internazionale”, perché consente agli Stati Uniti di limitare l’accesso al suo territorio alle persone che hanno bisogno di protezione.

Nell’ultimo anno inoltre molti migranti rimangono bloccati in Messico per mesi, aspettando la risposta alla loro richiesta, in baraccopoli e rifugi di fortuna, mentre diventano ancora più esposti a rapimenti, aggressioni, torture ed estorsioni da parte di gruppi criminali.

“Ho già speso duemila dollari per arrivare in Messico, per me e per i miei due bambini”, racconta Heidi Valbuena, 32 anni, originaria di Trujillo, in Venezuela, mentre è seduta su un muretto all’ombra dei giardini della piazza centrale di Ciudad Hidalgo, in Chiapas. È una madre single e ha dovuto affrontare il viaggio da sola. “Questo cammino è molto difficile; ci vuole denaro e se non ce l’hai, rischi di rimanere bloccato in qualsiasi momento e che ti accada qualcosa di davvero grave”, conclude.

Questo testo è tratto dalla newsletter Frontiere.

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