Nascosto dietro un anonimo cancello in un quartiere benestante della capitale del Kenya, Nairobi, un esperimento sociale mostra come possono essere trasformate le prospettive delle persone sorde. Il Pallet Cafe impiega dipendenti non udenti che hanno subìto discriminazioni, non solo nel mondo del lavoro, ed è un esempio di come può funzionare l’integrazione.
Facendosi strada tra i tavoli e i vasi di piante rigogliose del locale, che si definisce bar-giardino, il personale prende gli ordini usando la lingua dei segni keniana, la mimica o anche semplici gesti.
Alcuni poster sulle pareti forniscono le nozioni di base della lingua dei segni, ma non è necessario conoscerle in maniera approfondita per comunicare. Per chiedere a qualcuno se vuole una bottiglia di acqua fredda ai camerieri basta mimare i brividi, e ai clienti che non conoscono la lingua dei segni è sufficiente alzare il pollice in su per rispondere affermativamente. Allo stesso modo, quando viene ordinato un uovo, il gesto del pugno chiuso può essere usato per domandare al cliente se lo desidera sodo, mentre unire le punte della dita e muoverle leggermente serve invece per indicare la cottura alla coque.
Al di là di questo aspetto, il locale potrebbe essere facilmente scambiato per un qualsiasi altro bar esclusivo, tra gente che scrive al computer, sorseggia un latte macchiato o si gusta le pietanze.
L’opportunità di lavorare
Edward Kamande, che è entrato nello staff subito dopo l’apertura del Pallet Cafe nel 2019, ha iniziato a lavorare come cameriere ma adesso è diventato manager. Il ventiseienne racconta che il fondatore, l’uomo d’affari Feisal Hussein, “mi ha dato una possibilità. Ha visto qualcosa in me”.
L’imprenditore, un ex operatore umanitario, voleva aprire un posto che oltre a servire ottimi piatti, come le uova alla Benedict e lo shakshuka (un piatto nordafricano piccante a base di uova), aiutasse le persone con disabilità a entrare nel mondo del lavoro. “La mia intenzione era quella di supportare la comunità sorda”, dice a proposito della sua attività, che oggi conta tre filiali. Solo in questa sede, a Lavington, più dei tre quarti dei dipendenti sono persone sorde o con deficit uditivo.
Kamande ritiene di essere apprezzato per quello che è capace di fare. “Non c’è discriminazione nella nostra azienda, qui c’è libertà”, afferma. Tre anni fa, quando è entrato a far parte della squadra, il giovane era timido e nervoso, racconta il suo capo. Oggi invece è diventato una figura indispensabile nella gestione dell’azienda. Non solo organizza il lavoro del personale ma supervisiona anche i bilanci e controlla le forniture. Kamande adora il suo lavoro, racconta, ed è particolarmente fiero ogni qualvolta i clienti elogiano il suo personale per il livello di professionalità e di servizio.
La stragrande maggioranza dei dipendenti di Pallet Cafe non aveva mai avuto un’occupazione prima, quindi il lavoro ha cambiato le loro vite. All’inizio Hussein faticava a trovare nuovi lavoratori da assumere ma adesso non deve cercare molto perché le persone vengono di continuo a lasciare il loro curriculum, racconta. Anzi, il bar ha avuto tanto successo che altre aziende hanno chiesto se può aiutarle ad assumere personale sordo.
Secondo Kamande, il più grande ostacolo che devono affrontare le persone sorde in Kenya è innanzitutto ottenere l’opportunità di entrare nel mondo del lavoro. “Ci sono tantissime persone sorde alle quali non viene data nessuna possibilità”, spiega. Si calcola che nel paese ci siano almeno 600.000 persone sorde, e anche se discriminare i disabili è vietato dalla costituzione, molti continuano a incontrare enormi ostacoli nell’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e all’occupazione.
Una realtà poco conosciuta
La lingua dei segni keniana non è compresa da molti, e anche tra i funzionari pubblici la conoscenza in merito è scarsissima. In Kenya ci sono pochissimi interpreti della lingua dei segni e non esiste un sistema riconosciuto a livello nazionale per la registrazione o la verifica delle qualifiche. Inoltre, la televisione dovrebbe includere la lingua dei segni nei propri programmi ma solo in pochi lo fanno.
Kamande può parlare per farsi capire, ma molti dei suoi colleghi non sono nella stessa posizione. “Nel nostro paese c’è bisogno di educazione su questo tema”, afferma. Di recente un suo amico ha avuto una brutta esperienza quando è stato fermato casualmente dalla polizia che gli chiedeva di mostrare un documento di identità: “Hanno minacciato di portarlo in carcere. Ma lui non poteva rispondere”. Kamande è riuscito a raggiungerlo in tempo per spiegare alla polizia il malinteso.
Esperienze come questa gli hanno insegnato che le persone sorde devono aiutarsi a vicenda perché l’ambiente spesso è ostile. Il Pallet Cafe non solo ha dato a Kamande uno spazio sicuro per avere una vivace carriera, ma è stato anche il luogo in cui si è innamorato. È qui che ha incontrato sua moglie Jacqueline, anche lei sorda, mentre lavorava come cameriera.
Oggi hanno un bambino di 11 mesi di nome Godwin, che non è sordo. Kamande mostra con orgoglio le foto del figlio sul suo smartphone. “Grazie a questo bar”, dice, “sono passato al livello successivo della vita”.
(Traduzione di Francesco De Lellis)
Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Africa. Ci si iscrive qui.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it