Avvertenza. Il linguaggio di questa rubrica è diretto ed esplicito.
Mi sono sposata nel 2001. La vita sessuale andava tutto sommato bene, anche se era un po’ strano essere l’unica donna con cui era mai stato. Non solo a letto, ma proprio in coppia. Io avevo 23 anni, lui 30. Abbiamo comprato casa, fatto due di figli eccetera, e dopo la nascita del secondo per un paio d’anni la nostra vita sessuale si è assestata su un ottimo ritmo. Poi però nel 2017 si è inceppata. Lui ha cominciato ad avere problemi di erezione, ma se provavo a parlargliene si arrabbiava e andava sulla difensiva. Ho provato a movimentare il copione a letto, ma non ha funzionato. Finché nell’autunno del 2021 non ho preso appuntamento da un consulente di coppia. I primi tempi abbiamo fatto passi avanti, ma poi mi sono resa conto che lui voleva solo lamentarsi del lavoro e dei suoceri. Non prendeva mai l’iniziativa per fare sesso o anche solo per parlarne, dovevo sobbarcarmi tutto il carico emotivo da sola ed era come cercare di applaudire con una mano sola. Mi sembrava di assistere a un incidente ferroviario al rallentatore, con un sottofondo mentale di frasi della tua rubrica. C’era tutto: il progressivo allontanamento emotivo, la mancanza di desiderio ormai anche da parte mia all’idea dell’ennesimo rifiuto, l’autostima che si sgretolava.
Alla fine la cosa più dolorosa non era l’assenza di sesso, ma la nostra assoluta incapacità di parlarne. Lui si rifiutava. Oppure diceva di voler fare sesso, ma poi non agiva, o peggio sabotava i miei tentativi. In una delle ultime sedute chi ci seguiva lo ha incalzato sui farmaci per la disfunzione erettile. Lui ha detto che avrebbe preso appuntamento, ma non lo ha mai fatto. L’assenza di sesso era come un cancro in metastasi che faceva marcire il mio matrimonio dall’interno. Da fuori sembrava tutto a posto, andavamo d’accordo, eravamo una squadra e due ottimi genitori. Ma dentro io stavo morendo. A tradirlo non riuscivo, sono troppo introversa. E così i rifiuti e le botte all’autostima si accumulavano. Il mio benessere psichico ne ha risentito, ma non potevo parlargli neppure di quello.
Fatto sta che a febbraio di quest’anno ho chiuso. Ora vivo con mia madre, a circa tre chilometri da lì. E adesso con lui siamo buoni amici. Siamo sempre bravi a occuparci dei figli, a collaborare e tutto quanto. Ora che dal rapporto sono venute meno le “aspettative coniugali”, pensa un po’, lui si è rivelato fantastico! Un grande e utilissimo amico! Oggi mi viene il sospetto che anche lui volesse sfilarsi, ma non riuscisse a dire “chiudiamola”, per cui la parte della cattiva ho dovuto farla io. Faccio molta psicoterapia, ma è ancora difficile. Cioè, adesso va molto meglio perché mi è passata la voglia di “svivere” (come dicono i giovani), ma dentro ho ancora un bel po’ di dolore.
Leggo la tua rubrica da quando ero adolescente. Volevo dirti che tutto quello che dici su cosa succede quando in una coppia sposata monogama uno dei due non vuole più fare sesso è vero al cento per cento. È stato stranissimo sapere esattamente, in un angolo del cervello, cosa stava succedendo a me e al mio matrimonio, e al tempo stesso sentirmi del tutto incapace di fare qualcosa al riguardo. Secondo me è una cosa che ti senti dire spessissimo.
– Tried Everything And Regret Staying
Ti sembrerà fuori luogo, TEARS, ma dammi retta: c’è un meme che gira su Instagram e Twitter ogni volta che un uomo fa qualcosa di stupido – circola senza sosta – e che forse avrai visto: “Gli uomini farebbero di tutto, compreso [x] pur di non andare in analisi”.
E insomma, mentre leggevo la tua lunghissima lettera, continuava a venirmi in mente una versione più tormentata e meno divertente dello stesso meme: “Gli eterosessuali farebbero di tutto, compreso andare in analisi, pur di salvare un matrimonio. Tranne scopare con altri”.
Non ti faccio una colpa di aver lasciato tuo marito, TEARS, e se c’è un colpevole per lo sfascio del tuo matrimonio quello è lui. Il rifiuto sessuale costante può distruggere l’autostima di una persona, specie quando si viene rifiutati da qualcuno con cui in passato l’intesa sessuale era forte. Essere l’unica persona della coppia a chiedersi cosa cazzo non va – specie quando il coniuge si rifiuta di parlarne, o di fare una cosa semplice e scontata come procurarsi dei farmaci per la disfunzione erettile – può instillare terribili dubbi sui propri sani e normali desideri sessuali anche anni dopo la fine di un rapporto senza sesso. Tuo marito ti doveva come minimo una spiegazione, e non è riuscito a darti neppure quella.
Ma quando lo hai lasciato è successa una cosa incredibile: avendo tu accettato di non poter far funzionare la vostra sfera sessuale, e avendo rinunciato a farlo – ma solo dopo averle tentate quasi tutte (movimentare il copione, prendere l’iniziativa, cercare un consulente di coppia) – di colpo si è riaffacciato tutto quello che tra voi funzionava eccome. Avete ricominciato ad andare d’accordo. Ti sei accorta che la sua compagnia ti piaceva ancora. Era appagante fare i genitori insieme. Tolte di scena le “aspettative coniugali”, accantonate le tue aspettative sessuali, all’improvviso ti sei accorta – e ti cito – che l’uomo che avevi sposato era ancora fantastico.
Intendiamoci, TEARS: le tue aspettative sessuali erano del tutto legittime. Ma al giorno d’oggi, dal matrimonio inteso come istituzione, ci aspettiamo un sacco di cose, forse troppe.
“Mai prima d’ora le nostre aspettative verso il matrimonio erano state così colossali”, scrive Esther Perel, psicoterapeuta e scrittrice di successo. “Vogliamo ancora tutto ciò che doveva fornire la famiglia tradizionale – stabilità, rispettabilità, beni materiali e figli – ma in più vogliamo anche che i nostri partner ci amino, ci desiderino, ci trovino interessanti. Dobbiamo essere migliori amici e confidenti fidati, nonché amanti passionali.”
E quando il nostro matrimonio non riesce a soddisfare ogni nostra aspettativa, dalla prima all’ultima – e nessun matrimonio è all’altezza di tutte le aspettative – cosa facciamo? È una domanda a cui prima o poi tutte le coppie sposate devono rispondere. Quando il matrimonio non ci appaga, quando la persona che abbiamo sposato non è in grado – o smette – di soddisfare un’esigenza importante, abbiamo due opzioni: possiamo rivedere le nostre aspettative e fare i compromessi e le concessioni del caso, TEARS, oppure mettere fine al matrimonio.
Tutto questo sproloquio per dire… che secondo me a tuo marito avresti potuto chiedere un compromesso. Dici che mi leggi da tanto tempo, TEARS, e ci rimango un po’ male che non ti abbia neppure sfiorato l’idea, prima di andartene, di rivedere le tue “aspettative coniugali”. Non parlo di tradire – dici che per quello sei troppo introversa – ma di ottenere da tuo marito il permesso di procurarti il sesso altrove. Visto che tutto il resto funzionava (andate d’accordo, vi piace la reciproca compagnia, siete due bravi genitori), forse a salvare il tuo matrimonio sarebbe stata proprio l’unica cosa che hai escluso: scopare con altri.
Non sei la prima persona che in trent’anni (non lo sei questa settimana) mi racconta la stessa storia: un matrimonio senza sesso, conflitti, infelicità e terapia di coppia, finché uno dei due – di solito quello a cui il sesso manca – prende e se ne va, e a quel punto si riaffaccia tutto il bello del rapporto, tutti i motivi per voler restare. Una volta rimosso il conflitto sessuale, la relazione torna a fiorire.
Ora, TEARS, l’incompatibilità sessuale è un motivo assolutamente legittimo per chiudere una relazione sessuale, la monogamia è importante per molti, e c’è chi preferisce ricominciare da capo e trovare qualcun altro – cosa non facile se si è introversi – anziché tentare la non monogamia etica. Ma ci sarebbero forse più persone disposte a provarla, e più matrimoni salvaguardati, se consulenti di coppia, sessuologi e rubriche di consigli non insistessero a ribadire che l’assenza di sesso coniugale è un problema che si può sempre risolvere. Serate romantiche, sesso pianificato, caramelle alla marijuana e vino sono ottime cose, ma non trasformano una persona che ti ama e non vuole scoparti in una che ti ama e ti vuole scopare (di recente ho letto il post di una sessuologa su Instagram che decantava i benefici del sesso pianificato – l’attesa alimenta il desiderio! – ma il sesso programmato con una persona che non ti vuole scopare non la colmerà di desiderio. Semmai di ansia: per il sesso che non le va di fare, e per la delusione e la sofferenza che andrà a infliggere).
Può darsi che il tuo matrimonio abbia subìto troppi danni per potersi salvare – troppi rifiuti per troppi anni, troppe risposte negate e troppo pochi sforzi – ma i matrimoni che con gli anni diventano platonici sono più di quanto chiunque sia disposto a riconoscere (a parte Amy Schumer nel suo nuovo spettacolo su Netflix). Se ci aspettassimo un naturale venir meno del sesso nel matrimonio, e regolassimo le nostre aspettative coniugali di conseguenza, TEARS, chi di noi a distanza di vent’anni scopa ancora col coniuge rimarrebbe piacevolmente sorpreso, e chi non lo fa più da anni si sentirebbe forse meno tradito e affranto. E se riuscissimo a far nostri un po’ di quegli accorgimenti che possono rendere un matrimonio senza sesso meno insopportabile – chiudere un occhio, dare un po’ di margine, qualche sicura e discreta valvola di sfogo – forse sopravvivrebbero più matrimoni belli, rispettosi e pieni d’amore come il tuo.
***
A sette anni ho subìto molestie da parte di un vicino, che a quanto pare era un pedofilo seriale. Anni dopo è stato ucciso da un’altra sua vittima, che sta scontando vent’anni per omicidio colposo. Gli ho scritto in carcere, e da parecchi mesi corrispondiamo. Pur non approvando l’omicidio, capisco perché lo ha fatto e una parte di me glien’è grata. Con lui sento di avere un legame, per via del vissuto comune. Le possibilità di un rapporto sentimentale fra noi sono pari a zero. Non è il mio tipo. Siamo solo amici di penna.
Il mio problema è questo: in quasi ogni scambio mi chiede dei soldi. Gli ho versato qualcosa sul conto del carcere, ma le richieste si sono allargate a soldi per seguire certi corsi, soldi per i passatempi, soldi per i libri, e adesso soldi per saldare un debito di droga (gli ho detto no). Economicamente potrei permettermelo, il punto non è quello. È che comincio a sentirmi un po’ un bancomat. Ha anche tentato di usarmi come tramite per recapitare messaggi fuori del carcere, soprattutto all’ex, cosa che esito a fare perché ovviamente non ho idea di quanto mi tenga nascosto. Interromperei la corrispondenza, ma sono letteralmente l’unica persona che ha. Non ha parenti né amici, a parte le persone con cui è in carcere. Gli serve un qualche tipo di presenza, e non sopporto l’idea di abbandonarlo. Voglio che tra quattro anni, quando uscirà, sia pronto a rientrare nel mondo, e se posso aiutarlo a rifarsi una vita voglio farlo.
Mi sto comportando da idiota? Devo troncare e basta? O continuo a portare qualcosa di buono nella sua vita?
– Prison Pen Pals
Hai quattro anni per capire se puoi fidarti di lui, PPP, e un modo facilissimo per stabilirlo: piantare subito dei paletti, molto chiari, e vedere come reagisce. Quanti soldi puoi destinargli? Digli che ogni mese verserai esattamente quella cifra sul conto del carcere, e non deve chiederti altro. Inoltre digli di non chiederti più di fare da tramite con altri: se ne ha il recapito può contattarli lui stesso, PPP, e senza bisogno d’intermediari (e se all’ex o ad altri amici è vietato contattarlo, chiedere a te di farlo è reato, perché certi divieti si estendono alle comunicazioni tramite terzi). Se insiste a chiederti soldi e/o a chiederti di contattare gente anche una volta fissate delle regole, difficilmente comincerà a rispettarle quando uscirà di prigione. E ti garantisco che non vuoi ritrovarti alla porta un assassino risentito che ha già dato prova di non saper rispettare i paletti. Nemmeno se il tizio che ha ammazzato lo volevi un po’ morto anche tu.
Chi sta in carcere va certamente sostenuto dall’esterno, e già il fatto che tu sia disposto a scrivergli ti fa tantissimo onore, ma non perdere di vista l’incolumità personale. Se lui mostra di saper rispettare i paletti e la smette di chiederti soldi extra (quando non di saldargli i debiti di droga), e smette di chiederti di contattare l’ex e gli altri, PPP, puoi valutare l’idea di continuare ad aiutarlo e sostenerlo quando tornerà in libertà. Ma prima dovrai capire come potrai aiutarlo una volta fuori, e fissare un’altra serie di paletti.
E poi ricordati, PPP, che non gli devi niente.
(Traduzione di Matteo Colombo)
Savage love è una rubrica di consigli sessuali e di coppia pubblicata su The Stranger. Inviate le vostre domande a mail@savagelove.net.
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