Luglio 2002. Cosa resta, un anno dopo. Parlano quattro corrispondenti stranieri
Una targa, un bar, i negozi: piazza Alimonda un anno dopo. Per incontrare Giuliano Giuliani
La Francia alle prese con tonnellate di scorie radioattive
La nuova generazione di scrittori latinoamericani
Con le dimissioni di Scajola se ne va uno dei responsabili della repressione di Genova. Ma il capitolo non è chiuso
Migliaia di minorenni nepalesi sono costrette a prostituirsi
Fino a Genova i manifestanti noglobal sono stati al centro dell’attenzione di stampa e tv. Dopo sono scomparsi
L’estrema destra non va sottovalutata
La Danimarca è un paese ricco dove non ci sono eccessi né sprechi. I suoi abitanti hanno un gusto particolare per il dettaglio e l’armonia delle cose
Jeff Israely è da qualche mese il nuovo corrispondente dall’Italia del newsmagazine statunitense Time ed era a Genova per il Boston Globe. Lola Galán è la corrispondente del quotidiano spagnolo El País. Oliver Meiler scrive per Tages-Anzeiger, il principale quotidiano svizzero.
Walden Bello invece non è esattamente un corrispondente. È un sociologo che insegna nelle Filippine e dirige un istituto di ricerca di Bangkok, Focus on the Global South. L’anno scorso anche lui era a Genova e scrisse per il settimanale americano The Nation. Dodici mesi dopo, abbiamo chiesto a questi quattro giornalisti stranieri di raccontarci cos’è cambiato secondo loro – se qualcosa è cambiato.
“Ripensandoci”, scrive Walden Bello, “la battaglia di Genova è stata uno degli scontri più seri, prima dell’11 settembre, tra il capitalismo globale e la nuova comunità globale”. Leggi
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