L’esercito è impegnato a sottrarre al gruppo dello Stato islamico le aree strategicamente importanti vicino Baghdad. Negli ultimi giorni hanno riconquistato alcune zone della città di Baiji e si sono scontrati con i jihadisti nell’area di Al Harari, vicino la città di Fallujah
Le truppe irachene hanno riconquistato alcune zone della città di Baiji. È solo una delle offensive dell’esercito regolare, impegnato a sottrarre al gruppo dello Stato islamico le aree strategicamente importanti vicino Baghdad. Sabato 6 giugno i soldati iracheni sostenuti dalle milizie sciite si sono scontrati con i jihadisti nell’area di Al Harari, vicino la città di Falluja, a ovest della capitale.
Il portavoce del commando congiunto delle operazioni, il generale di brigata Saad Maan, ha riferito che le azioni militari sono servite a tagliare i rifornimenti ai jihadisti nella provincia di Al Anbar e in altre città. In quest’ambito, fondamentale è stata l’avanzata dell’esercito a Baiji, dove si trova la più grande raffineria di petrolio dell’Iraq, finita nelle mani dello Stato islamico quasi un anno fa. La riconquista di Baiji è strategicamente importante perché la città, che dista da Baghdad 250 chilometri, è sulla strada che conduce a Mosul, la seconda città del paese, controllata dallo Stato islamico dal giugno 2014.
Le truppe irachene e le forze curde hanno respinto i jihadisti in diverse zone dell’Iraq, grazie anche all’aiuto dei bombardamenti aerei della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. Ad aprile sono riusciti a riprendere il controllo della città settentrionale di Tikrit, ma a maggio hanno ceduto la città di Ramadi al gruppo jihadista.
I jihadisti del gruppo Stato islamico hanno sbarrato la diga di Ramadi, la città conquistata il 17 maggio scorso nella provincia irachena di Al Anbar, interrompendo così la fornitura idrica a diverse città controllate dal governo di Baghdad. Secondo quanto riferito dal presidente del consiglio provinciale Sabah Karhout, la chiusura della diga ha causato un abbassamento del livello del fiume Eufrate e il taglio delle forniture nelle zone di Khaldiyah e Habbaniyah, a est di Ramadi, ancora sotto il controllo governativo.
Karhout ha sostenuto che i jihadisti si stanno preparando a nuovi attacchi, favoriti dal basso livello delle acque che consente loro di attraversare il fiume da riva a riva. Anche l’ex capo del dipartimento iracheno per le risorse idriche, Aoun Dhiyab ha sottolineato che l’obiettivo dei jihadisti “non è tagliare l’acqua, ma ridurre il livello del fiume, per sfruttarlo a fini militari”.
La coalizione arabo-occidentale nata per combattere lo Stato islamico si è riunita martedì a Parigi. Dopo la caduta di Ramadi (Iraq) e Palmyra (Siria) e in un momento in cui i jihadisti sono a due ore da Damasco e Baghdad, sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa di concreto dal vertice. E invece, come molti avevano previsto, non è stato così. Leggi
Decine di persone, militari e civili, sono morte in una serie di scontri e attentati nella provincia irachena di Al Anbar, dove nelle ultime settimane si sono intensificati i combattimenti tra l’esercito e i miliziani del gruppo Stato islamico. Almeno 45 agenti delle forze di sicurezza irachene sono stati uccisi in un attacco suicida, realizzato dal gruppo in una base militare nell’area di Tharthar, sulla strada che collega le città di Falluja e di Samarra. L’attentato è stato compiuto usando tre veicoli carichi di esplosivo e un mezzo multifunzionale su ruote humvee.
Il giorno prima dell’attacco, il capo del governo iracheno Haider al Abbadi aveva ammesso la perdita di circa 2.300 mezzi humvee: il gruppo Stato islamico se ne sarebbe impadronito dopo aver conquistato la città settentrionale di Mosul nel giugno 2014. I veicoli sarebbero utilizzati come autobombe per attaccare l’esercito regolare. Nella stessa giornata, in un’imboscata dei jihadisti nella località di Seddiqiya sono morte 33 persone, tra soldati iracheni e combattenti di una milizia alleata. Un attacco aereo inoltre ha centrato una moschea e un mercato molto frequentato a Falluja, uccidendo dodici civili e ferendone diciotto.
Il governo ha riferito di aver realizzato una serie di raid aerei contro la formazione jihadista nello scorso fine settimana, documentati da un video diffuso domenica 31 maggio. I jet da combattimento iracheni avrebbero colpito alcuni miliziani e distrutto infrastrutture ed equipaggiamenti nelle regioni di Al Anbar e Salahuddin.
Sono continuati anche i bombardamenti degli Stati Uniti e dei loro alleati: gli attacchi hanno interessato le città irachene di Ramadi, Al Baghdadi, Baiji, Falluja, Makhmur, Mosul, Sinjar e Tal Afar e le località siriane di Kobane e Al Hasakah.
Il mese scorso l’esecutivo di Baghdad ha annunciato l’inizio di un’operazione militare per conquistare le aree del paese cadute nelle mani dello Stato islamico. Con il sostegno delle milizie sciite, le truppe irachene hanno ripreso il controllo di diverse zone nelle province di Diyala e Salahuddin, a nord della capitale. Ma l’offensiva ha subito una battuta d’arresto a metà maggio, quando gli uomini del califfato hanno marciato su Ramadi, occupandola e mettendo in fuga l’esercito regolare.
Migliaia di iracheni fuggiti da Ramadi, la città caduta sotto il controllo del gruppo Stato islamico, hanno ricevuto l’autorizzazione a entrare nella capitale Baghdad. Il governo ha deciso di riaprire il ponte di Bzebiz, sul fiume Eufrate, dove nei giorni scorsi si erano assiepate migliaia di persone in fuga dalle violenze e dai combattimenti tra esercito e jihadisti nella provincia di Al Anbar. Potranno però entrare a Baghdad solo le famiglie che possono dimostrare di avere qualcuno che garantisca loro ospitalità.
Dal 22 maggio le autorità di Baghdad avevano impedito l’ingresso degli sfollati nella provincia di Baghdad perché temevano che i jihadisti avrebbero potuto mescolarsi nella folla e infiltrarsi nella capitale. Molti di loro hanno atteso l’autorizzazione a muoversi dormendo all’aperto, in una zona semidesertica, senza cibo, acqua né ripari adeguati, e secondo le autorità cinque persone sono morte di stenti. Ci sono stati resoconti di litigi scoppiati tra gli sfollati e le forze di sicurezza irachene. Secondo le Nazioni Unite, 55mila persone sono fuggite da Ramadi, da quando è stata conquistata dal gruppo Stato islamico a metà maggio.
I jihadisti stanno proseguendo la loro offensiva a est di Ramadi lungo la valle dell’Eufrate verso Habbaniya, dove sono schierate le milizie sciite. La conquista di Habbaniya consentirebbe ai jihadisti di creare un collegamento con Falluja, una città che si trova circa 70 chilometri a ovest di Baghdad, sotto il controllo dello Stato islamico da più di un anno, nonostante diversi tentativi di riconquista delle forze governative. Oggi, 26 maggio, l’esercito e le milizie sciite della coalizione Mobilitazione popolare hanno lanciato un’offensiva per riconquistare la provincia di Al Anbar.
In Iraq l’esercito e le milizie sciite della coalizione Mobilitazione popolare hanno lanciato un’operazione nelle regioni desertiche a nordest di Ramadi per isolare i jihadisti dello Stato islamico prima di avviare l’offensiva per riprendere il controllo della provincia di Al Anbar.
“Obiettivo dell’operazione è liberare queste zone tra Salahuddin e Anbar e cercare di isolare la provincia di Anbar”, ha precisato il portavoce di Mobilitazione popolare.
A Ramadi i combattimenti tra Stato islamico ed esercito iracheno vanno avanti da un anno, ma lo scorso 17 maggio la città è caduta sotto il controllo dei jihadisti. Lo Stato islamico controlla gran parte della provincia di Al Anbar, la più grande dell’Iraq, al confine con Siria, Arabia Saudita e Giordania. L’esercito iracheno controlla ancora alcune zone di Ramadi, tra cui quelle a est del capoluogo, la città di Haditha e la base aerea Al Asad.
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