Il 9 luglio scorso una squadra di tecnici si è addentrata in una zona acquitrinosa del delta del fiume Niger, nella Nigeria meridionale, per riparare un oleodotto danneggiato da cui usciva petrolio. Incidenti del genere sono frequenti nella regione. Ma le compagnie petrolifere sono reticenti a permettere dei controlli sulle loro infrastrutture e a rivedere le loro pratiche di sicurezza. Leggi
Alcuni documenti processuali rivelati da Amnesty international denunciano che la compagnia petrolifera anglolandese Shell ha fatto ripetutamente affermazioni false riguardo la dimensione e l’impatto di due grandi fuoriuscite di petrolio avvenute a Bodo, nel sudest della Nigeria, nel novembre 2008.
In base ai documenti, la Shell sapeva da anni che i suoi impianti nel delta del fiume Niger erano obsoleti e difettosi. La compagnia ha ammesso che i dati sui danni provocati dalle due fuoriuscite erano stati falsificati.
Un’indagine interna condotta dalla Shell dopo il primo incidente a Bodo aveva assicurato che i barili di petrolio dispersi nell’ambiente erano 1.640. Una successiva valutazione indipendente, invece, ha dimostrato che erano più di centomila.
Secondo Amnesty international, l’obiettivo della Shell è di ridurre al minimo i risarcimenti che potrebbe essere costretta a pagare in seguito al processo che comincerà a maggio a Londra. La causa contro la compagnia è stata intentata da 15mila pescatori della zona di Bodo, i cui mezzi di sostentamento sono stati distrutti dalle fuoriuscite di petrolio. Amnesty international, The Guardian
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati