La Commissione europea ha annunciato che si oppone alla richiesta italiana di deroga per estendere la reverse charge dell’iva (il meccanismo dell’inversione contabile che elimina la detrazione dell’iva sugli acquisti) alla grande distribuzione, perché non è in linea con l’articolo 395 della direttiva sull’iva. È ancora sotto esame invece la richiesta italiana di pagamenti separati dell’iva (il cosiddetto split payment) da parte della pubblica amministrazione.
L’estensione dell’inversione contabile era stata introdotta dal governo di Matteo Renzi con la legge di stabilità 2015 con l’obiettivo di ridurre l’evasione e prevedeva che l’obbligo di versare l’iva passasse da chi acquista il bene o servizio a chi lo fornisce. Non era ancora operativa, perché subordinata al rilascio dell’autorizzazione della Commissione europea. In una nota la Commissione ha spiegato che non ci sono “prove sufficienti che la misura richiesta contribuirebbe a contrastare le frodi”, ma che, al contrario, la misura potrebbe comportare “seri rischi di frode a scapito del settore delle vendite al dettaglio e a scapito di altri stati membri”.
La bocciatura apre una falla da 728 milioni di euro nel bilancio statale e potrebbe comportare l’attivazione della clausola di salvaguardia e quindi l’aumento automatico, da giugno, delle accise sui carburanti per compensare il mancato gettito. Questa ipotesi è stata smentita dal ministero delle finanze, che ha confermato “il fermo impegno del governo a non far scattare le clausole di salvaguardia”.
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati