L’Unione europea ha affermato il 4 ottobre di avere “prove sufficienti” di sussidi illegali alle automobili elettriche cinesi, avviando ufficialmente un’inchiesta che è contestata da Pechino.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha sollevato un polverone in Cina quando il mese scorso ha annunciato che Bruxelles avrebbe avviato un’indagine.
Il timore è che la decisione dell’Unione europea possa causare una guerra commerciale con la Cina.
“La Commissione europea è in possesso di elementi di prova sufficienti sull’esistenza dei sussidi, sul pregiudizio per i costruttori europei e sul nesso di causalità che giustificano l’apertura di un’inchiesta”, si legge in un avviso pubblicato il 4 ottobre sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’avviso precisa che la Commissione dispone delle prove di prestiti a tassi agevolati, esenzioni fiscali e componenti acquistati a prezzi di saldo.
Dazi provvisori
L’inchiesta dovrà essere completata entro tredici mesi, ma l’Unione europea potrà imporre dei dazi provvisori tra nove mesi.
Se l’inchiesta dovesse confermare pratiche sleali, Bruxelles potrebbe imporre ai produttori di auto cinesi tariffe superiori all’aliquota standard del 10 per cento. Ma potrebbe anche decidere di non fare nulla.
“Qualora fosse accertata l’esistenza di sussidi illegali, gli inquirenti valuteranno se le misure non siano in contrasto con l’interesse dell’Unione europea”, si legge nell’avviso.
Von der Leyen ha promesso un’inchiesta equa e trasparente.
“Agiremo con decisione ogni volta che gli sforzi dei produttori di automobili dell’Unione europea sono ostacolati da distorsioni del mercato e concorrenza sleale”, ha dichiarato in un comunicato.
Annunciando l’indagine il 13 settembre, Von der Leyen aveva affermato che il prezzo delle automobili elettriche cinesi è “tenuto artificialmente basso da consistenti sussidi statali”.
Il settore automobilistico è il fiore all’occhiello dell’industria europea: fornisce lavoro direttamente e indirettamente a circa quattordici milioni di persone, pari al 6,1 per cento dell’occupazione totale dell’Unione europea.