La corte suprema indiana ha stabilito il 17 ottobre che non ha la competenza per legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso, spegnendo le speranze della comunità lgbt+ di ottenere una sentenza favorevole nonostante l’opposizione del governo.
“È compito del parlamento e delle assemblee legislative statali decidere se introdurre o no i matrimoni omosessuali”, ha affermato il presidente della corte, D.Y. Chandrachud.
I giudici hanno stabilito che il diritto al matrimonio per tutti non è attualmente garantito dalla costituzione. Tuttavia, hanno sottolineato che l’India ha il dovere di riconoscere in qualche modo le relazioni tra persone dello stesso sesso e di proteggerle da qualunque discriminazione.
Cinque anni dopo la depenalizzazione dell’omosessualità in India, ad aprile una ventina di ricorrenti e i loro avvocati hanno ottenuto che la questione dei matrimoni gay fosse esaminata dalla corte suprema.
Sostenevano che anche i membri della comunità lgbt+ avessero il diritto di sposarsi in base al principio di uguaglianza sancito dalla costituzione.
Il 17 ottobre la delusione era evidente sui volti delle persone che si erano radunate davanti alla sede della corte suprema a New Delhi, nella speranza che i giudici riconoscessero i matrimoni omosessuali, che in Asia sono ammessi solo a Taiwan.
“Non siamo soddisfatti della decisione della corte”, ha dichiarato all’Afp Siddhant Kumar, 27 anni. “Sono anni che ci battiamo per un riconoscimento legale. Continueremo la nostra battaglia”.
Secondo i ricorrenti, il riconoscimento dei matrimoni omosessuali avrebbe potuto garantire alla comunità lgbt+ un accesso alle adozioni, alle assicurazioni e alle eredità.
La posizione del governo
Ma il governo nazionalista del primo ministro Narendra Modi si è opposto con forza, affermando che la questione è di competenza del parlamento e non della corte suprema, una linea condivisa dai giudici.
“Qualsiasi interferenza in una materia come questa sconvolgerebbe il delicato equilibrio tra i poteri dello stato e metterebbe a rischio la coesione sociale”, ha affermato il governo in un documento trasmesso alla corte.
“Le unioni tra persone dello stesso sesso non possono in alcun modo essere paragonate alla famiglia tradizionale indiana, composta da marito, moglie e figli”, si legge nel documento.
Una settimana fa la corte suprema aveva autorizzato i matrimoni in cui uno degli sposi è transgender, a condizione che i due siano identificati come uomo e donna.
Nel 2018 la corte suprema aveva abrogato con una sentenza storica una legge di epoca coloniale che vietava le relazioni tra persone dello stesso sesso. Nel 2022 i giudici hanno stabilito che le coppie non sposate e quelle omosessuali hanno diritto a ottenere alcuni benefici sociali.