Il 15 novembre il presidente statunitense Joe Biden e quello cinese Xi Jinping hanno ristabilito, nel corso di un incontro vicino a San Francisco, negli Stati Uniti, un dialogo che era sospeso da un anno. Ma hanno anche ribadito le loro divergenze, in particolare su Taiwan.
Durante la conferenza stampa che si è tenuta dopo il faccia a faccia, Biden ha detto di considerare ancora il suo collega cinese un “dittatore”, usando un’espressione che in passato ha suscitato le ire di Pechino.
Organizzato a margine del vertice dell’Asia-Pacific economic cooperation (Apec), l’incontro ha permesso di ripristinare le comunicazioni militari ad alto livello, sospese da più di un anno, hanno affermato le due superpotenze.
L’incontro, che si è svolto in un’elegante tenuta a circa quaranta chilometri da San Francisco ed è durato circa quattro ore, è stato “costruttivo e produttivo”, secondo Biden.
Il presidente statunitense, 80 anni, ha assicurato che in caso di crisi i due leader potranno alzare il telefono e parlarsi.
Xi ha accettato di adottare alcune misure contro il traffico di fentanyl, un potente oppioide sintetico prodotto principalmente in Cina e responsabile di decine di migliaia di morti per overdose negli Stati Uniti.
Washington e Pechino hanno anche deciso di creare un gruppo di esperti per discutere dei rischi associati all’intelligenza artificiale.
L’incontro, com’era ampiamente previsto, non ha però permesso di risolvere le divergenze fondamentali tra i due paesi.
Biden ha invitato Xi a “rispettare il processo elettorale” a Taiwan, dove nel gennaio 2024 si terranno le elezioni presidenziali e legislative.
Il presidente cinese ha invece chiesto a Biden di “smettere di fornire armi a Taiwan”, perché “la riunificazione è inevitabile”.
Washington si aspetta inoltre che la Cina, partner dell’Iran e della Russia, non aggravi le principali crisi internazionali, tra cui il conflitto tra Israele e Hamas e la guerra in Ucraina.
Le sanzioni statunitensi
All’inizio dell’incontro, Biden ha auspicato che la competizione tra i due paesi sia gestita “in modo responsabile”, evitando che degeneri in un conflitto aperto.
“La Cina non sta cercando di aumentare la sua sfera d’influenza e non parteciperà a guerre né calde né fredde in nessun paese”, ha assicurato Xi.
Tuttavia, ha detto a Biden che le sanzioni economiche statunitensi danneggiano i “legittimi interessi” della Cina.
Si è trattato del secondo faccia a faccia tra Biden e Xi dopo quello del novembre 2022, a margine del vertice del G20 a Bali, in Indonesia.
Da allora le relazioni si sono fatte più tese, soprattutto dopo che un pallone spia cinese ha sorvolato il territorio statunitense all’inizio dell’anno.
A marzo Xi Jinping ha invece criticato duramente la strategia di “accerchiamento” messa in atto dagli Stati Uniti grazie al rafforzamento delle alleanze nella regione Asia-Pacifico, mentre Washington ha chiesto a Pechino di mettere fine alle “provocazioni” nel mar Cinese meridionale.
Tuttavia, in estate i toni tra Washington e Pechino si sono abbassati al punto da consentire l’organizzazione del vertice bilaterale.
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