Ci sono voluti anni di trattative prima che la Croazia entrasse nello spazio Schengen, ma a undici mesi dal suo ingresso Zagabria ha deciso di ripristinare temporaneamente i controlli alle frontiere a causa dell’aumento del flusso di migranti irregolari in tutta l’area balcanica.
La vicina Slovenia, infatti, ha reintrodotto i controlli il mese scorso, in seguito a misure simili adottate dall’Italia e da altri paesi dell’Unione europea. “Le persone si chiedono cosa possa fermare queste persone che hanno superato così tanti confini e paesi”, dice Perica Matijević, sindaco di Krnjak, un comune vicino a un valico di confine con la Bosnia, molto trafficato. Matijević non è il solo a essere stanco. Gli abitanti della zona, scarsamente popolata, lamentano il fatto che stanno crescendo lo scontento e la paura per la presenza dei profughi.
“Uno dovrebbe sentirsi al sicuro a casa propria, ma i migranti passano nei nostri cortili… Ci sono stati dei furti, non è piacevole”, si lamenta la studente di economia Sara Matijević di Dugi Dol, un paese che si trova vicino a dove aprirà un campo per i migranti.
Come animali
La Croazia, che controlla una delle più lunghe frontiere terrestri esterne dell’Unione europea, nel corso degli anni è stata al centro di diverse denunce per avere usato la violenza per respingere i migranti.
Nel 2021, Zagabria è stata costretta ad ammetterlo in seguito alla pubblicazione di un’inchiesta da parte dei principali mezzi d’informazione europei che ha rivelato l’uso sistematico della violenza sui rifugiati da parte di unità speciali in Croazia, Grecia e Romania.
Ora i migranti dicono che poco è cambiato. Atefa, una rifugiata afgana di 29 anni che non ha fornito il suo cognome per motivi di sicurezza, ha detto che la polizia croata ha trattato lei e altri otto migranti “come animali”.
Oltre a costringerle a raccogliere rifiuti e a versare acqua nelle loro scarpe, gli agenti hanno palpeggiato le donne e fatto versi osceni. Lo ha dichiarato la donna all’Afp.”Il seno mi fa ancora male… E mentre mi facevano tutto questo ridevano”, ha detto Atefa da un campo profughi a Bihać, in Bosnia.
Come molti afgani, Atefa ha lasciato il paese devastato dalla guerra due anni fa, quando i taliban hanno preso il potere. La crisi umanitaria in corso in Afghanistan, il terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria a febbraio e i nuovi disordini in Medio Oriente fanno temere che il flusso di arrivi non si fermi.
Spogliato e picchiato
L’anno scorso quasi la metà degli oltre 300mila migranti diretti verso l’Unione europea è passata per la cosiddetta rotta dei Balcani: si tratta del numero più alto dalla crisi dei rifugiati del 2015-2016, secondo l’agenzia europea Frontex.
Nei primi dieci mesi di quest’anno quasi centomila migranti si sono affidati a questa rotta e quasi 63mila – in particolare afgani, turchi, marocchini e pachistani – hanno attraversato la Croazia, secondo i dati ufficiali.
È un aumento del 73 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel 2023, secondo il Consiglio danese per i rifugiati, un totale di 2.559 persone ha riferito di essere stata respinta con la violenza in Bosnia dalla Croazia, in linea con i dati del 2022.
Ma i gruppi per la difesa dei diritti umani avvertono che con il rafforzamento dei controlli ai confini della Croazia la violenza contro i profughi è destinata ad aumentare.
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Per Raz Mohammad Saifi, 21 anni, il viaggio dal suo paese, l’Afghanistan, al confine con la Croazia è durato anni ed è stato arduo e a volte violento. Dopo essere entrato in Croazia, Saifi ha raccontato di essere stato aggredito dalla polizia.
“Quando la polizia ci ha catturato, ci ha spogliato e perquisito, ci ha preso i telefoni, i soldi, le scarpe”, racconta Saifi, dicendo che la polizia ha anche aizzato i cani contro di lui e gli altri prima di costringere il gruppo ad attraversare un fiume per tornare in Bosnia.
I residenti del villaggio di confine, Tržac, hanno dato dei vestiti e delle scarpe a Saifi e ad altre quattro persone, poi un gruppo di aiuto ha organizzato il loro trasferimento in un campo profughi nelle vicinanze.
Nonostante le percosse, Saifi si è rifiutato di rinunciare al suo sogno di vivere in Francia, sottolineando che lui e gli altri non intendevano fare del male alle persone del posto.”Se avessi voluto essere un criminale, se fossi stato disposto a uccidere, sarei rimasto in Afghanistan”, conclude.