Il 13 dicembre la camera dei rappresentanti statunitense ha approvato l’apertura formale di un’inchiesta per la destituzione del presidente Joe Biden, legata alle attività all’estero del figlio Hunter. L’inchiesta è considerata dai democratici “senza fondamento e politicamente motivata”.
La procedura non ha praticamente alcuna possibilità di successo, ma potrebbe mettere in difficoltà la Casa Bianca in vista delle elezioni presidenziali del novembre 2024, alle quali Biden è candidato.
I repubblicani, che da gennaio hanno la maggioranza alla camera, accusano il presidente di aver usato la sua influenza, quando era il vicepresidente di Barack Obama, tra il 2009 e il 2017, per aiutare il suo figlio più giovane, un ex uomo d’affari di 53 anni, a concludere accordi di dubbia legalità in Ucraina e in Cina.
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“Joe Biden ha mentito ripetutamente al popolo statunitense”, ha dichiarato James Comer, capo della commissione d’inchiesta della camera.
“I repubblicani stanno perdendo tempo con una manovra politica senza fondamento”, ha affermato Biden dopo il voto. “Invece d’impegnarsi a migliorare la vita dei cittadini, mi attaccano con le loro bugie”.
“Mio padre non è mai stato coinvolto nei miei affari”, ha dichiarato Hunter Biden, diventato uno dei bersagli preferiti della destra, durante una conferenza stampa la mattina del 13 dicembre.
Davanti al congresso Hunter Biden, che ha un passato di dipendenze e sta affrontando alcuni problemi giudiziari, tra cui un’accusa di possesso illegale di un’arma da fuoco, ha riconosciuto di aver commesso “errori” nella vita.
Ma ha accusato “i trumpiani” di usarlo per mettere in difficoltà il padre e ha rifiutato di partecipare a un’udienza a porte chiuse organizzata dal Partito repubblicano.
Biden, 81 anni, ha sempre sostenuto pubblicamente il figlio.
“Non ci sono prove che il presidente Biden abbia commesso illeciti”, ha affermato il 13 dicembre Hakeem Jeffries, capo della minoranza democratica alla camera.
I repubblicani sostengono però che l’apertura formale dell’inchiesta gli permetterà di accedere a eventuali prove di attività illecite, che giustificherebbero la messa in stato d’accusa di Biden.
“È arrivato il momento di dare delle risposte al popolo statunitense”, ha affermato dopo il voto il presidente della camera Mike Johnson.
Johnson, Clinton e Trump
In base alla costituzione degli Stati Uniti, il congresso può destituire il presidente per “tradimento, corruzione o altri reati rilevanti”.
La procedura si svolge in due fasi.
Al termine dell’inchiesta la camera dei rappresentanti vota, a maggioranza semplice, gli articoli di messa in stato d’accusa che descrivono nel dettaglio le imputazioni nei confronti del presidente. In caso di voto favorevole, il presidente è poi processato al senato.
Con ogni probabilità Biden sarebbe assolto perché il Partito democratico ha la maggioranza al senato.
Finora nessun presidente statunitense è stato destituito. La camera dei rappresentanti ha approvato la messa in stato d’accusa di tre presidenti: Andrew Johnson nel 1868, Bill Clinton nel 1998 e Donald Trump nel 2019 e nel 2021. Ma tutti sono stati assolti.
Richard Nixon preferì dimettersi nel 1974 per evitare una sicura destituzione a causa dello scandalo Watergate.