Il 31 gennaio la corte costituzionale della Thailandia ha ordinato a Move forward, il principale partito d’opposizione, di abbandonare il suo progetto di riforma della legge sulla lesa maestà, che punisce le critiche a re Vajiralongkorn e ai suoi familiari.
“Il progetto è incostituzionale”, hanno affermato i giudici. “L’obiettivo è separare la monarchia dalla nazione tailandese, e questo metterebbe a rischio la sicurezza dello stato”.
Move forward, vincitore delle elezioni legislative del maggio scorso, ha evitato per ora lo scioglimento, che potrebbe però essere decretato se non abbandonasse il suo progetto di riforma.
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La vittoria elettorale della formazione progressista guidata da Pita Limjaroenrat ha causato forti tensioni in Thailandia, dove il potere è nelle mani delle élite economiche e militari legate al re, nonostante la volontà di cambiamento espressa dalle nuove generazioni.
Gli avversari di Move forward sono riusciti a escludere il partito dal governo formando un’eterogenea coalizione grazie anche al sostegno dei parlamentari nominati dall’esercito.
La monarchia tailandese è protetta da una delle leggi sulla lesa maestà più restrittive del mondo.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani, la legge è usata per reprimere qualunque forma di dissenso.
Due settimane fa una corte d’appello ha condannato un attivista alla pena record di cinquant’anni di prigione per alcuni post su Facebook considerati diffamatori nei confronti di re Vajiralongkorn e dei suoi familiari.
“La legge sulla lesa maestà non è un fax inviato direttamente da Dio, ma un testo scritto da esseri umani, che in quanto tale può essere modificato”, ha dichiarato il 31 gennaio il politico d’opposizione Thanathorn Juangroongruangkit.
Il suo partito Future forward era stato sciolto nel 2020 dalla corte costituzionale, prima di rinascere con il nome Move forward.
La decisione dei giudici aveva scatenato manifestazioni di massa per chiedere più democrazia e una profonda riforma della monarchia.
La settimana scorsa la corte costituzionale ha assolto Pita dall’accusa di aver violato le norme elettorali, consentendogli di riprendere le sue funzioni di deputato.