L’azienda statunitense Uber, che fornisce un servizio di trasporto automobilistico, ha accettato di pagare ai tassisti australiani un risarcimento totale di 271,8 milioni di dollari australiani (circa 165 milioni di euro), hanno annunciato il 18 marzo gli avvocati dei ricorrenti al termine di una battaglia legale durata cinque anni.
Più di ottomila persone tra tassisti e proprietari di auto a noleggio avevano intentato un’azione collettiva contro la piattaforma, lamentando una significativa perdita di entrate dal suo arrivo in Australia nel 2012.
“L’azione collettiva ha prodotto il quinto risarcimento più grande per questo tipo di procedura in Australia”, ha affermato Michael Donelly, dello studio legale Maurice Blackburn Lawyers, che ha rappresentato i ricorrenti.
“Uber ha lottato con le unghie e con i denti per evitare qualunque risarcimento, ma alla fine ha dovuto cedere”, ha aggiunto, salutando “una vittoria dei cittadini contro un gigante globale”.
Secondo gli avvocati, Uber ha commesso “gravi irregolarità” al momento del suo lancio nel paese, tra cui “l’uso di auto senza licenza e di autisti non accreditati”.
Il principale ricorrente, Nick Andrianakis, ha dichiarato ai mezzi d’informazione di aver dovuto lasciare dopo quarant’anni il suo lavoro di tassista: “Non ero più in grado di mantenere la mia famiglia”.
Uber, che ha una capitalizzazione in borsa di circa 157 miliardi di dollari, non ha voluto commentare l’entità del risarcimento.
“Quando Uber è entrata in attività più di dieci anni fa, non esisteva una regolamentazione del ride sharing in nessuna parte del mondo, tantomeno in Australia”, ha affermato l’azienda. “Oggi invece la nostra attività è regolamentata in ogni stato e territorio australiano, e siamo un elemento importante del sistema dei trasporti del paese”.