Il 9 aprile la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha condannato per la prima volta uno stato, la Svizzera, per inazione nei confronti della crisi climatica, accogliendo il ricorso di un’associazione di donne anziane.
La Cedu, che ha sede a Strasburgo, in Francia, ha il compito di garantire il rispetto della Convenzione europea dei diritti umani.
I giudici hanno accertato, con una maggioranza di sedici voti a uno, che è stato violato l’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e, all’unanimità, che è stato violato l’articolo 6, relativo all’accesso a un tribunale.
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In base all’interpretazione dei giudici, l’articolo 8 impone agli stati di garantire ai cittadini una protezione effettiva contro le conseguenze della crisi climatica sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita.
Il ricorso era stato presentato dall’associazione Aînées pour la protection du climat (Donne anziane per la protezione del clima), composta da 2.500 donne svizzere con un’età media di 73 anni.
La corte ha stabilito che l’associazione aveva il diritto di presentare ricorso per conto di persone minacciate dalla crisi climatica.
L’attivista climatica svedese Greta Thunberg ha affermato che la sentenza “è solo l’inizio”: “Presto i governi di tutto il mondo saranno chiamati a rispondere in tribunale della loro inazione nei confronti della crisi climatica”.
“Ci troviamo in uno stato d’emergenza planetario, che mette a rischio la sopravvivenza degli esseri umani, degli animali e degli ecosistemi”, ha aggiunto.
Il 9 aprile la Cedu era chiamata a pronunciarsi su tre diversi casi legati alla crisi climatica.
Negli altri due casi, i giudici hanno dichiarato irricevibili i ricorsi presentati da alcuni giovani portoghesi contro il Portogallo e altri trentuno stati, e da un ex sindaco ambientalista francese contro la Francia.