A partire dal 15 aprile la Corte internazionale di giustizia (Cig) dell’Aja esaminerà una disputa tra l’Armenia e l’Azerbaigian incentrata su accuse reciproche di “pulizia etnica”, in un momento in cui le tensioni militari tra i due paesi del Caucaso tornano a crescere.
Gli avvocati delle parti esporranno il loro punto di vista nel corso di due settimane di udienze.
All’inizio del mese i due governi si sono accusati reciprocamente di aver aperto il fuoco lungo il confine condiviso, minando le speranze di un accordo di pace dopo decenni di violenze.
La battaglia legale risale al settembre 2021, quando nel giro di una settimana i due paesi si erano denunciati reciprocamente alla Cig, accusandosi di “pulizia etnica” e di violazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.
La Cig, che si occupa di controversie tra stati, aveva emesso un ordine di emergenza nel dicembre 2021, invitando le parti ad astenersi dal commettere crimini di questo tipo.
Tuttavia, anche se le sue decisioni sono vincolanti, la Cig non ha i mezzi per farle rispettare, e da allora le tensioni sono aumentate, culminando nel settembre scorso nell’offensiva lampo dell’esercito azero nella regione contesa del Nagorno Karabakh.
Baku ha riconquistato l’enclave, spingendo l’intera popolazione armena – più di centomila persone – a fuggire in Armenia.
Erevan contro Mosca
Poche settimane dopo, l’Armenia ha presentato un nuovo ricorso alla Cig, chiedendo ai giudici di ordinare all’Azerbaigian di ritirare le sue truppe dalla regione e di permettere il ritorno in sicurezza dei profughi armeni.
A novembre la Cig ha ordinato all’Azerbaigian di consentire a chiunque voglia tornare nel Nagorno Karabakh di farlo “in piena sicurezza, senza ostacoli e in tempi rapidi”.
Il conflitto ha anche messo a dura prova i legami storici tra l’Armenia e la Russia, con Erevan che ha accusato Mosca di non aver fatto abbastanza per proteggerla quando era sotto attacco.
A febbraio l’Armenia ha aderito alla Corte penale internazionale (Cpi), nonostante gli avvertimenti di Mosca.
Tra le altre cose si è quindi assunta l’obbligo di arrestare il presidente russo Vladimir Putin nel caso dovesse mettere piede in territorio armeno, in virtù di un mandato d’arresto emesso dalla Cpi nel marzo 2023.