Il 13 giugno la corte suprema degli Stati Uniti ha mantenuto il pieno accesso alla pillola abortiva, che i più accaniti oppositori dell’interruzione volontaria di gravidanza volevano limitare.
I nove giudici hanno respinto all’unanimità un ricorso presentato da associazioni di medici e attivisti per limitare l’accesso al mifepristone, usato nella maggior parte degli aborti praticati nel paese.
Una corte d’appello composta da giudici ultraconservatori aveva reintrodotto nel 2023 alcune restrizioni relative all’accesso al mifepristone che erano state revocate dalla Food and drug administration statunitense (Fda) nel 2016.
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La corte suprema ha annullato questa sentenza d’appello, che era già stata sospesa.
“I ricorrenti non hanno dimostrato di essere stati danneggiati dalla decisione dell’Fda”, ha scritto il giudice della corte suprema Brett Kavanaugh nel testo della sentenza.
“I tribunali federali non sono quindi la sede giusta per affrontare le preoccupazioni dei ricorrenti, che farebbero meglio a rivolgersi al governo e al congresso”, ha aggiunto.
La decisione della corte d’appello, se confermata, avrebbe ridotto l’uso del mifepristone dalle dieci alle sette settimane di gestazione, vietato l’invio delle compresse per posta e reso obbligatoria la prescrizione medica.
“La battaglia continua”
Il presidente democratico Joe Biden, che ha messo il diritto all’aborto al centro della sua campagna elettorale in vista delle presidenziali di novembre, ha preso atto della sentenza della corte suprema sottolineando che “la battaglia continua”.
“Questa decisione non cambia il fatto che milioni di donne sono sottoposte a divieti crudeli a causa di Donald Trump”, ha affermato la vicepresidente Kamala Harris.
Con la storica sentenza del giugno 2022 che ha messo fine alla tutela federale del diritto all’aborto, la corte suprema – a maggioranza conservatrice in seguito a tre nomine effettuate da Trump – ha dato agli stati la possibilità di legiferare in materia. Da allora circa venti stati sono intervenuti per vietare o limitare fortemente l’accesso all’aborto.
Secondo il Guttmacher institute, un centro di ricerca favorevole al diritto all’aborto, nel 2023 il 63 per cento delle interruzioni volontarie di gravidanza è stato praticato con il metodo farmacologico.