Chi governerà nella nuova assemblea nazionale francese? Dopo la sorpresa dei risultati delle elezioni parlamentari anticipate, che hanno ridimensionato il successo al primo turno del 30 giugno del Rassemblement national (Rn), la Francia è alla ricerca di una nuova maggioranza parlamentare. Sarà un rompicapo per il Nuovo fronte popolare, cioè l’unione delle sinistre ancora fragile nonostante il primo posto, e il partito del presidente Emmanuel Macron in calo di consensi.
Gli elettori si sono pronunciati, ma le incertezze restano molte. Né il Nuovo fronte popolare (circa 190 seggi), né lo schieramento centrista che fa capo al presidente (circa 160 seggi), né il Rassemblement national (Rn) e i suoi alleati (più di 140 seggi) possono, da soli, raggiungere i 289 deputati necessari per avere una maggioranza assoluta.
A sole tre settimane dalle Olimpiadi di Parigi, il primo ministro uscente Gabriel Attal dovrebbe rassegnare le sue dimissioni al presidente della repubblica Emmanuel Macron questa mattina, anche se ha dichiarato di essere pronto a restare al suo posto “finché il dovere lo richiederà” soprattutto a causa dell’organizzazione delle Olimpiadi.
C’è molta attesa anche su quello che dirà il presidente della repubblica, perché sarà lui a nominare il primo ministro.
Questo processo potrebbe richiedere molto tempo, in attesa di un ipotetico accordo tra le diverse forze politiche su un candidato premier e su un programma condiviso. A meno che il presidente non decida di formare un governo tecnico sul modello italiano o che, nel breve periodo, si affidi alla sua squadra di governo uscente per continuare a occuparsi degli affari correnti.
Lo schieramento presidenziale presenterà “le sue precondizioni per qualsiasi discussione” che punti a formare una maggioranza, ha avvertito il capo del partito Renaissance Stéphane Séjourné, mentre l’Eliseo ha giocato d’anticipo, affermando che il capo di stato “aspetterà che la nuova assemblea nazionale sia strutturata prima di prendere decisioni”.
L’equazione è praticamente insolubile. Senza una parte della sinistra, i macronisti non saranno in grado di governare. Ma senza una parte dei macronisti, neanche il Nuovo fronte popolare ci riuscirà. Il problema è che lo schieramento presidenziale ha chiarito che non si alleerà con la sinistra radicale di La France insoumise, ipotesi scartata anche dal movimento di Jean-Luc Mélenchon.
Anche guardare al centrodestra dei Repubblicani, che hanno retto bene con una sessantina di eletti nonostante l’adesione del loro leader Eric Ciotti a una alleanza con l’Rn, potrebbe rivelarsi una fatica sprecata. Laurent Wauquiez, esponente di primo piano dei Repubblicani, tornato sulla scena nazionale con la sua elezione in Haute-Loire, ha avvertito che “non ci sarà nessuna coalizione o compromesso” per il suo partito.
“Quest’alleanza contro l’Rn porta a una forma di paradosso istituzionale. Gli elettori si sono mobilitati e hanno risposto a questo appello, ma hanno prodotto una Francia ingovernabile in questa fase”, afferma il politologo Martial Foucault (Cevipof) all’Afp.
A sinistra, i leader del Nuovo fronte popolare sono nuovamente chiamati a superare le loro differenze, al centro di un’alleanza tanto ampia quanto eterogenea, che va da Jean-Luc Mélenchon a Raphaël Glucksmann; dall’antifa Raphaël Arnault all’ex presidente François Hollande, eletto in Corrèze.
Anche se l’equilibrio di potere tra i partiti dell’alleanza è stato riequilibrato, la sinistra radicale di La France insoumise (Lfi) rimane il gruppo più numeroso della sinistra, con circa 75 deputati rispetto ai circa sessanta dei socialisti, ai circa trenta degli ecologisti e ai circa dieci dei comunisti.
Il leader di Lfi Jean-Luc Mélenchon è stato categorico: Emmanuel Macron dovrebbe “lasciare o nominare un primo ministro” del Nuovo fronte popolare. Glucksmann, invece, è stato molto più aperto: “Dovremo parlare, dovremo discutere, dovremo dialogare” di fronte a questa assemblea “divisa”, ha spiegato il presidente di Place publique, di ispirazione socialista.
Il programma del Nuovo fronte popolare, che va dall’abrogazione della riforma delle pensioni a un salario minimo di 1.600 euro, non sembra molto compatibile con i programmi dello schieramento presidenziale.
Allo stesso tempo si discuterà della distribuzione dei gruppi politici e dell’assegnazione dei posti chiave nell’assemblea nazionale, con l’elezione del suo presidente il 18 luglio. L’attuale presidente Yaël Braun-Pivet, rieletta nelle Yvelines, continua a credere che sarà sempre lei a presiedere l’assemblea.
Il Rassemblement national, invece, è amareggiato, con un risultato ben al di sotto delle proiezioni, che vedevano il partito di Marine Le Pen al primo posto.
A 28 anni, il presidente del movimento Jordan Bardella deve riconoscere il fallimento del suo “piano Matignon”, che si è scontrato ancora una volta con il “fronte repubblicano” nonostante un netto aumento dei seggi. Ma la vittoria del Rn è “solo rinviata” e “la marea (…) continua a salire”, ha auspicato Marine Le Pen, ancora in corsa per le presidenziali del 2027.
Nel frattempo, le porte dell’assemblea nazionale si apriranno ufficialmente l’8 luglio alle 14 per accogliere alcuni dei 577 membri della nuova legislatura.