Il 30 luglio almeno 93 persone sono morte in una serie di frane causate dalle forti piogge monsoniche nello stato del Kerala, nel sud dell’India, hanno annunciato le autorità locali.

D.R. Meghasree, un funzionario del distretto di Wayanad, dove le operazioni di soccorso sono ostacolate dal crollo di un ponte, ha dichiarato alla stampa che 45 persone sono morte e 116 sono state ricoverate in ospedale.

Poco dopo le autorità hanno fornito un nuovo bilancio di 93 vittime.

“Centinaia di persone potrebbero essere intrappolate sotto il fango”, ha affermato l’esercito, aggiungendo che 225 soldati stanno partecipando alle operazioni di soccorso.

Il primo ministro indiano Narendra Modi ha scritto sul social network X che i suoi pensieri “vanno ai familiari delle vittime e ai feriti”.

L’ufficio del premier ha inoltre comunicato che le famiglie delle vittime riceveranno dei risarcimenti.

Il leader dell’opposizione Rahul Gandhi, che nella precedente legislatura rappresentava il distretto di Wayanad al parlamento indiano, ha definito “straziante” il bilancio delle vittime.

“Negli ultimi anni il nostro paese ha registrato un aumento allarmante delle frane”, ha affermato. “C’è urgente bisogno di un piano d’azione nazionale per limitare le conseguenze dei disastri naturali”.

Crisi climatica e deforestazione

In Asia meridionale la stagione dei monsoni, che va da giugno a settembre, offre una tregua dal caldo estivo ed è essenziale per ricostituire le riserve idriche. Ma causa anche alluvioni e frane, che negli ultimi anni sono diventate più frequenti a causa della crisi climatica, secondo gli scienziati.

La situazione è aggravata dalla deforestazione.