Centinaia di dipendenti dell’amministrazione giudiziaria hanno partecipato il 3 settembre a un’iniziativa di protesta davanti alla camera dei deputati a Città del Messico contro una riforma della giustizia che prevede l’elezione diretta dei giudici e dei magistrati.
Prima dell’alba hanno circondato il palazzo San Lázaro, sede della camera dei deputati, per impedire l’esame e la votazione della riforma costituzionale promossa dal partito di sinistra Morena, che ha un’ampia maggioranza in entrambi i rami del congresso.
Il testo, che preoccupa anche gli Stati Uniti e gli investitori, prevede l’elezione diretta dei giudici e dei magistrati a partire dal 2025 per combattere la corruzione, secondo il partito al governo.
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La riforma è sostenuta dal presidente uscente Andrés Manuel López Obrador e dalla presidente eletta Claudia Sheinbaum, che s’insedierà il 1 ottobre dopo aver vinto le elezioni del 2 giugno con quasi il 60 per cento dei voti. Entrambi fanno parte del partito Morena.
Attualmente giudici e magistrati sono nominati da un organo amministrativo, il Consiglio giudiziario federale (Cjf), mentre gli undici membri della corte suprema sono nominati dal senato su proposta del presidente.
“Vogliono approvare la riforma in fretta e furia, senza un esame approfondito e senza un dialogo”, ha affermato Patricia Aguayo Bernal, portavoce dei dipendenti dell’amministrazione giudiziaria.
In risposta all’iniziativa di protesta, il capo del gruppo parlamentare del partito Morena, Ricardo Monreal, ha chiesto ai deputati di non andare alla camera e ha affermato sul social network X che l’esame e la votazione si terranno in un altro luogo.
Morena e i suoi alleati dispongono dei due terzi dei seggi alla camera, che permettono di approvare riforme costituzionali senza dover negoziare con l’opposizione, e sono a un solo seggio dalla maggioranza dei due terzi al senato.
Il 22 agosto l’ambasciatore statunitense Ken Salazar ha avvertito che “la riforma minaccia le relazioni commerciali bilaterali e la democrazia messicana”. Città del Messico ha reagito denunciando un’interferenza nei suoi affari interni.