Il 27 novembre il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan, ha chiesto un mandato d’arresto per il capo della giunta militare al potere in Birmania, Min Aung Hlaing, accusato di crimini contro l’umanità nei confronti della minoranza rohingya.
Khan ha affermato in un comunicato di avere “ragionevoli motivi” per ritenere che il generale Min Aung Hlaing possa essere penalmente responsabile di “crimini contro l’umanità di deportazione e persecuzione”.
L’ufficio del procuratore della Cpi, che ha sede all’Aja, nei Paesi Bassi, ha precisato che l’indagine riguarda presunti crimini commessi nello stato Rakhine, nell’ovest della Birmania, “nel corso di due ondate di violenza nel 2016 e nel 2017, e durante l’esodo dei rohingya verso il Bangladesh”.
Iscriviti a In Asia |
Cosa succede in Asia e nel Pacifico. A cura di Junko Terao. Ogni sabato.
|
Iscriviti |
Iscriviti a In Asia
|
Cosa succede in Asia e nel Pacifico. A cura di Junko Terao. Ogni sabato.
|
Iscriviti |
Oggi circa un milione di rohingya – una minoranza musulmana della Birmania, paese prevalentemente buddista – vivono in enormi campi profughi vicino alla città di Cox’s Bazar, in Bangladesh.
I rohingya rimasti in Birmania continuano a essere vittime di discriminazioni, in particolare riguardo alla cittadinanza e all’accesso all’assistenza sanitaria.
Min Aung Hlaing, che all’epoca della repressione era a capo dell’esercito, ha definito in passato il termine “rohingya” come “immaginario”.
I giudici della Cpi dovranno ora decidere se accogliere la richiesta di un mandato d’arresto per il capo della giunta birmana.
In caso di accoglimento della richiesta, i 124 paesi membri della Cpi sarebbero teoricamente obbligati ad arrestarlo se visitasse il loro territorio.
La Cina, uno dei principali alleati e fornitori di armi della giunta birmana, non fa parte della Cpi.
In Birmania è attualmente in corso un conflitto tra l’esercito e vari gruppi etnici ribelli, che si è intensificato dopo il colpo di stato militare del febbraio 2021 in cui è stata deposta la leader di fatto del paese Aung San Suu Kyi.
Nell’ottobre 2023 tre gruppi etnici ribelli hanno lanciato una vasta offensiva congiunta contro l’esercito. Nelle settimane successive hanno conquistato alcune aree al confine con la Cina.