Il 4 dicembre l’opposizione sudcoreana ha presentato all’assemblea nazionale una mozione per la destituzione del presidente Yoon Suk-yeol, che il giorno prima aveva cercato senza successo d’introdurre la legge marziale.
La mozione, che richiederà una maggioranza dei due terzi per essere approvata, potrebbe essere messa ai voti già il 6 dicembre, hanno affermato in una conferenza stampa i rappresentanti di sei partiti d’opposizione, tra cui il Partito democratico di Corea (centrosinistra).
La sera del 3 dicembre Yoon, il cui indice di popolarità era già al minimo storico, aveva proclamato a sorpresa la legge marziale in un discorso in tv, prima di revocare il provvedimento qualche ora dopo su pressione delle forze politiche e di migliaia di manifestanti.
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In un contesto di forti tensioni tra governo e opposizione sulla legge di bilancio, il presidente aveva giustificato la legge marziale con la necessità di “eliminare gli elementi ostili allo stato” e “proteggere il paese dalle minacce poste dalle forze comuniste nordcoreane”.
Yoon, che ha vinto di stretta misura le presidenziali del 2022 ma non dispone della maggioranza all’assemblea nazionale, ha denunciato una “dittatura del potere legislativo”, accusando l’opposizione di “paralizzare il paese, senza preoccuparsi del benessere della popolazione”.
Dopo la proclamazione della legge marziale l’esercito aveva messo sotto assedio l’assemblea nazionale, ma i deputati avevano comunque approvato a grande maggioranza una risoluzione che ne chiedeva la revoca.
Nel frattempo, migliaia di manifestanti si erano radunati davanti all’assemblea nazionale su appello di Lee Jae-myung, leader del Partito democratico, per “difendere le democrazia”.
Lee aveva subito definito “illegale” la proclamazione della legge marziale, che in teoria prevedeva la sospensione dell’assemblea nazionale e il controllo dei mezzi d’informazione.
Il 4 dicembre il Partito democratico ha annunciato la messa in stato d’accusa del presidente, dei ministri della difesa e dell’interno, e di alcuni alti responsabili dell’esercito e della polizia.
Poco dopo il ministro della difesa Kim Yong-hyun ha annunciato le sue dimissioni. “Mi assumo la piena responsabilità della confusione e della preoccupazione generate dalla proclamazione della legge marziale”, ha scritto in un comunicato, dicendosi “profondamente rammaricato”.
Anche il Partito del potere popolare, la formazione di Yoon, ha preso le distanze dall’iniziativa del presidente.
“Tutte le persone responsabili di questa tragica situazione dovranno pagarne le conseguenze”, ha dichiarato il leader del partito Han Dong-hoon.
La Confederazione sindacale coreana, che ha 1,2 milioni di iscritti, ha indetto uno “sciopero generale a oltranza” fino alle dimissioni o alla destituzione di Yoon.
La legge marziale era stata proclamata per l’ultima volta nel 1980, quando centinaia di migliaia di persone erano scese in piazza per protestare contro un colpo di stato militare. La protesta era stata repressa nel sangue.