Il 9 dicembre il ministero della giustizia sudcoreano ha imposto un divieto di lasciare il paese al presidente Yoon Suk-yeol, sotto inchiesta per “ribellione” dopo aver cercato senza successo d’introdurre la legge marziale.
La Corea del Sud era precipitata nel caos la sera del 3 dicembre, quando Yoon ha proclamato la legge marziale e sospeso il parlamento, prima di essere costretto a fare retromarcia qualche ora dopo su pressione delle forze politiche e di migliaia di manifestanti.
All’ex ministro della difesa Kim Yong-hyun, in carica al momento della proclamazione della legge marziale e arrestato l’8 dicembre, era già stato vietato di lasciare il paese. Il ministro dell’interno Lee Sang-min si era invece dimesso. Entrambi sono sotto inchiesta per “ribellione”.
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Tuttavia, la sera del 7 dicembre Yoon è uscito indenne da una mozione per la sua destituzione messa ai voti all’assemblea nazionale, dopo che il Partito del potere popolare (Ppp), la formazione del presidente, è uscito dall’aula.
Il Ppp ha poi spiegato di aver ottenuto da Yoon, in cambio della mancata destituzione, l’impegno ad autosospendersi e ad affidare il governo al suo partito e al primo ministro Han Duck-soo.
L’opposizione ha definito queste manovre “illegali e incostituzionali”.
“Si tratta di un secondo tentativo di colpo di stato, in quanto tale illegale e incostituzionale”, ha affermato Park Chan-dae, leader del Partito democratico di Corea, la principale formazione d’opposizione, all’assemblea nazionale.
La costituzione sudcoreana prevede che il presidente rimanga a capo del governo e delle forze armate a meno che non sia impossibilitato a svolgere le sue funzioni, si dimetta o sia destituito. In questi casi il primo ministro assume l’interim fino a nuove elezioni.
Il 7 dicembre Yoon si è scusato per aver proclamato la legge marziale, ma ha respinto le richieste di dimissioni.
In un contesto di forti tensioni tra governo e opposizione sulla legge di bilancio, il presidente aveva giustificato la legge marziale con la necessità di “eliminare gli elementi ostili allo stato” e “proteggere il paese dalle minacce poste dalle forze comuniste nordcoreane”.
La sera del 7 dicembre, mentre all’assemblea nazionale veniva messa ai voti la mozione per la destituzione di Yoon, circa 150mila persone hanno partecipato a una manifestazione per chiedere la sua destituzione o le sue dimissioni.
Secondo un sondaggio pubblicato il 9 dicembre, il tasso di popolarità di Yoon è sceso all’11 per cento.