Il ministro per i rifugiati Khalil Haqqani è rimasto ucciso l’11 dicembre in un attentato suicida compiuto nella sede del suo ministero a Kabul, e attribuito al gruppo Stato islamico. L’attentato, che non è ancora stato rivendicato, è il primo contro un ministro dopo il ritorno al potere dei taliban nel 2021.

Un portavoce del governo ha denunciato “un attacco vile condotto dal gruppo Stato islamico contro un grande combattente, da oggi martire”.

“L’esplosione si è verificata nella sede del ministero per i rifugiati”, ha dichiarato all’Afp una fonte governativa, che ha chiesto di restare anonima, aggiungendo che si è trattato di un attentato suicida.

“Possiamo confermare che il ministro Haqqani è rimasto ucciso, come alcuni suoi collaboratori”, ha aggiunto.

Il ministro, che non appariva mai in pubblico senza un’arma automatica, era lo zio dell’influente ministro dell’interno Sirajuddin Haqqani.

Khalil Haqqani, che secondo alcune fonti aveva 58 anni, era sottoposto a sanzioni degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite.

Suo fratello Jalaluddin Haqqani, morto nel 2018, è il fondatore della potente Rete Haqqani, responsabile di alcuni degli attacchi più sanguinosi compiuti dai taliban tra il 2001 e il 2021.

Secondo alcuni analisti, negli ultimi mesi erano aumentate le tensioni tra il clan degli Haqqani e altre correnti del regime dei taliban.

Da quando i taliban sono tornati al potere, le violenze sono diminuite in Afghanistan, ma alcuni gruppi jihadisti, soprattutto lo Stato islamico, continuano a compiere attentati contro funzionari ed edifici governativi.