Quattro cittadini canadesi sono stati messi a morte in Cina nelle ultime settimane, ha dichiarato il 19 marzo la ministra degli esteri canadese Mélanie Joly, aggiungendo che Pechino ha ignorato gli appelli alla clemenza.

Il 20 marzo Pechino ha affermato di aver agito “in conformità con la legge”, che “punisce severamente i reati di droga”.

La pena di morte è applicata in Cina soprattutto per i reati di omicidio e traffico di droga.

“Condanniamo con la massima fermezza le esecuzioni di cittadini canadesi in Cina”, ha dichiarato Joly durante una conferenza stampa.

La ministra non ha però fornito ulteriori dettagli “per rispetto della privacy dei familiari delle vittime”.

Una portavoce del ministero degli esteri cinese, Mao Ning, ha affermato che “la lotta alla criminalità legata al traffico di droga è una responsabilità di tutti gli stati”.

“La Cina è uno stato di diritto che tratta con equità gli imputati di qualunque nazionalità, in conformità con la legge”, ha sottolineato, aggiungendo che “i diritti consolari del Canada sono stati garantiti”.

“Ottawa dovrebbe rispettare la sovranità giudiziaria della Cina”, ha concluso.

Relazioni tese dal 2018

Joly ha riferito che sia lei sia l’ex primo ministro Justin Trudeau, che ha lasciato l’incarico la settimana scorsa, avevano contattato le autorità cinesi per chiedere clemenza.

Le relazioni tra Ottawa e Pechino sono tese dal 2018, quando le autorità canadesi avevano arrestato una dirigente dell’azienda cinese Huawei e la Cina aveva reagito imprigionando due cittadini canadesi. Tutti e tre erano stati poi rilasciati.

La Cina non fornisce dati sulla pena di morte, ma secondo l’ong Amnesty international è il paese con il più alto numero di esecuzioni al mondo.