“Il motivo principale per costruire una barriera è impedire le incursioni dei terroristi che entrano in Kenya dalla Somalia”, dice Fredrick Shishia, un funzionario del governo di Nairobi.
Dal 2014 il Kenya ha cominciato a costruire una recinzione al confine con la Somalia per fermare il passaggio dei profughi. Sono stati costruiti 5,3 chilometri di recinzione su una frontiera lunga 700 chilometri. Il governo keniano vorrebbe inoltre chiudere il campo profughi di Dadaab, dove vivono 235mila persone, perché considerato un pericolo per la sicurezza nazionale. Oggi i somali in Kenya sono più di 300mila. Negli ultimi quattro anni sono state rimpatriate in Somalia circa 78mila persone.
Un mondo di muri è una serie del giornale brasiliano Folha de S. Paulo sulle barriere costruite per chiudere i confini, fermare i migranti o nascondere la povertà. Nel 2001 ne esistevano 17, oggi sono 70.
Da sapere
Nel 1960 la Somalia ottiene l’indipendenza dall’Italia e dal Regno Unito. Nove anni dopo, un colpo di stato militare porta al potere il generale Mohammed Siad Barre, che abolisce la costituzione. Alla fine degli anni ottanta il paese affronta una grave crisi economica e la popolarità del regime di Siad Barre, sempre più autoritario, comincia a vacillare. Nel 1991 il dittatore viene rovesciato dal Congresso della Somalia unita (Csu), ma la situazione si complica perché il Csu si divide in due fazioni, una guidata da Ali Mahdi Mohamed e l’altra da Mohammed Farah Aidid. Scoppia una guerra civile che provoca decine di migliaia di morti e un grande flusso di profughi verso il Kenya e altri paesi.
Nel corso del conflitto si diffondono in tutto il paese gruppi integralisti islamici. Nel 2006 comincia ad affermarsi Al Shabaab, che inizialmente promuove il nazionalismo somalo e vuole imporre uno stato fondato sulla sharia. Tre anni dopo il gruppo controlla gran parte della Somalia centrale e meridionale, e nel 2012 proclama la sua fedeltà ad Al Qaeda. Al Shabaab organizza operazioni di guerriglia e attentati suicidi in Somalia e nei paesi vicini, in particolare in Kenya (nel 2013 attacca il centro commerciale Westgate di Nairobi e nel 2015 l’università di Garissa) e in Uganda.
Nonostante la presenza dei soldati dalla missione dell’Unione africana (Amisom), la guerra tra le forze fedeli al governo e i miliziani jihadisti continua per anni, mentre la situazione alimentare e sanitaria della popolazione peggiora. Guerra civile, attentati e carestie costringono centinaia di migliaia di somali a scappare nei paesi vicini: Kenya, Yemen, Etiopia, Uganda, Gibuti ed Eritrea. I profughi interni sono più di un milione e mezzo. L’approvazione di una costituzione provvisoria, la nomina di un nuovo parlamento e l’elezione, nel 2012, del presidente Hassan Sheikh Mohamud, segnano l’inizio di una nuova fase politica. Nel febbraio del 2017 subentra nella carica presidenziale l’ex premier Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmaajo. Nell’autunno del 2017 Al Shabaab torna a colpire Mogadiscio con un attentato che causa la morte di quasi 600 persone.
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