Nella zona sud di Milano, oltre il cavalcavia morbido di via Ripamonti, c’è una vecchia area industriale che sta risorgendo. Qualche anno fa si è trasferito qui lo storico locale notturno Plastic, e meno di due mesi fa ha aperto la nuova sede della fondazione Prada.

La fondazione, ramo culturale e artistico del marchio di moda di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, esiste dal 1993. Nei primi anni ha organizzato mostre in diversi luoghi espositivi, compresi gli spazi di via Maffei e via Fogazzaro che gli addetti ai lavori conoscono per showroom e sfilate; nel 2011 ha acquisito una sede permanente a Venezia, Ca’ Corner della regina, un palazzo settecentesco nel sestiere di Santa Croce affacciato su Canal grande. La nuova sede permanente della fondazione Prada, aperta da maggio in largo Isarco, occupa gli spazi (circa 19mila metri quadrati) di una distilleria degli anni dieci del novecento, la Società italiana spiriti.

L’area è stata ripensata dallo studio Oma di Rem Koolhaas: a sette edifici recuperati sono stati aggiunte tre nuove costruzioni, tra cui uno spettacolare cinema che all’esterno si presenta come un parallelepipedo specchiato, mentre all’interno è una sala essenziale e accogliente con la possibilità di aprirsi all’aperto per la stagione estiva. Tutto il complesso ha l’imponenza e il profilo dei grandi musei internazionali, con l’eleganza del personale, l’unicità del pavimento esterno in legno, l’atmosfera del bar Luce in stile classico milanese progettato da Wes Anderson.

Tra le cose che ho visto, mi sento di segnalare Serial classic, la mostra curata da Salvatore Settis su copie, originali e iconografia nell’arte classica; Processo grottesco, l’opera di costruzione parossistica della fotografia di una grotta a opera di Thomas Demand; An introduction, impressionante raccolta di opere della collezione Prada; Lost love di Damien Hirst, studio ginecologico immerso in acqua con pesci tropicali (soprattutto ciclidi dei grandi laghi africani). Le cose da vedere alla fondazione Prada in realtà sono tante, ma anche nessuna: passeggiare per il museo, fermarsi al bar, muoversi tra edifici dorati e spazi sotterranei ha una sua bellezza molto riposante. In questo lo spazio ricorda davvero alcuni musei statunitensi e inglesi, con quella loro natura di ambiente da vivere più che di vetrina culturale.

Ma la ragione per cui quest’opera voluta da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli è molto importante per il nostro paese è legata ai soldi e ai tempi, loro e nostri. Nel primo novecento esisteva la figura dell’italiano facoltoso che dona alla cittadinanza un pezzo della sua ricchezza. Sia chiaro che quest’idea di dono non è legata alla gratuità (il biglietto di ingresso non è il punto), quanto alla direzione di quel che si costruisce, rivolto all’esterno, alla collettività, al pubblico.

La mostra Serial classic alla Fondazione Prada, il 9 maggio 2015. (Calogero Russo, Luzphoto)

Alla fine degli anni venti l’editore Hoepli ingaggiò uno dei più grandi architetti dell’epoca, Piero Portaluppi, e nel 1930 inaugurò a Milano un planetario nei giardini di porta Venezia, che è ancora stupendo, in grande attività, e porta il suo nome. Hoepli si chiamava Ulrico, nome germanico che unisce prosperità (uodal) e potere (ric): è una coincidenza, certo, ma insomma. Ulrico Hoepli era nato nel 1847, e decise di costruire quest’opera da ottantenne, morendo cinque anni dopo l’inaugurazione.

Quella di pensare oltre il ciclo della propria vita è sempre stata una strada per superare il senso della caducità delle cose, soprattutto per chi nel corso della vita ha ottenuto successo e fortuna. E non importa se sia l’egoismo a spingere oltre la biologia, né se siano i buoni sentimenti o la vanità a dare l’impulso filantropico: non ci occupiamo di anime, quello che conta è ciò che si fa e chi ne ha giovamento.

L’Italia è un paese che ha avuto pochi grandissimi ricchi e tanto parastato, ma negli ultimi cinquant’anni alcune grandi famiglie facoltose ci sono state. È vero, i protestanti hanno il vantaggio della cultura della comunità, dove il pastore è assunto dai fedeli, il latifondista paga per il legno, il notabile fa fondere la campana, i fedeli si danno il turno e costruiscono la chiesa con le proprie mani (lo stesso Hoepli era figlio di contadini svizzeri). E poi ci sono le questioni fiscali che in altri paesi rendono conveniente la costituzione di fondazioni.

Condividere la cultura

Ma è comunque impressionante come l’internazionalismo dei ricchi, la facilità con cui frequentano le capitali del mondo e gli ambienti più esclusivi, svanisca davanti all’ipotesi di mostrare con orgoglio e onestà la propria ricchezza, e condividerne una parte insieme alla collettività, con tutta la gratificazione e il lustro che ne consegue.

Dalle nostre parti di solito c’è più la malintesa idea di sobrietà, che permette di nascondere il denaro al fisco e far passare la piccineria per stile. Spiace citare l’esempio più banale, ma non è un caso che perfino Silvio Berlusconi, uno degli uomini più ricchi d’Italia da diversi decenni, abbia intitolato al proprio padre Luigi Berlusconi non un parco, non una biblioteca, non un museo o un centro sportivo, ma un torneo calcistico amichevole tra il Milan e un’altra squadra.

La nuova fondazione Prada è uno spazio privato pensato per il pubblico; è frutto del successo economico, della passione, della voglia di farsi ed essere belli di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli; è un luogo concepito per durare oltre le loro vite, che spero felici e lunghissime; è un polo di arte e cultura di alto livello, concepito per stare lontano da quella dimensione raccogliticcia cui noi italiani siamo spesso assuefatti; è un museo di statura internazionale che non sfigura, per quanto molto più piccolo, accanto al Getty o al Guggenheim. Mentre è tutto questo, la fondazione Prada è un punto di orgoglio per Milano e per l’Italia, e anche un posto dove sinceramente dovreste fare un giro.

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