Il presidente in esilio, Abd Rabbo Mansur Hadi, ma ha posto come condizione per partecipare ai negoziati il ritiro dei ribelli houthi dai territori conquistati dall’inizio del conflitto
La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha bombardato un deposito militare controllato dagli houthi nella capitale Sanaa. Secondo alcuni resoconti, almeno 40 persone sarebbero morte e circa un centinaio ferite. L’edificio è stato colpito da due bombe durante la distribuzione delle armi ai soldati. Il 27 maggio è stata una delle giornate più sanguinose dall’inizio dell’operazione militare dell’Arabia Saudita nello Yemen, il 26 marzo, e almeno 80 persone sono state uccise in tutto il paese.
I colloqui di pace promossi dalle Nazioni Unite, che dovevano cominciare il 28 maggio a Ginevra, sono stati rimandati a data da destinarsi. Leggi
Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto all’inviato speciale dell’Onu nello Yemen di rimandare i colloqui di pace previsti per il 28 maggio e fissare una nuova data. La decisione è stata presa dopo che il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi ha posto come condizione alla sua partecipazione il ritiro dei ribelli houthi dai territori conquistati dall’inizio del conflitto.
“Il segretario generale è deluso che non sia stato possibile cominciare i negoziati il prima possibile e rilancia l’appello per le parti coinvolte nel conflitto a impegnarsi nelle consultazioni senza precondizioni e in buona fede”, ha dichiarato il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric.
I colloqui voluti dalle Nazioni Unite per porre fine al conflitto nello Yemen, previsti per il 28 maggio a Ginevra, sono stati posticipati. Il rinvio è un duro colpo per le prospettive di mettere fine al conflitto nel paese, dove sono morte duemila persone da marzo.
Il presidente yemenita in esilio, Abd Rabbo Mansur Hadi, ha detto che è disposto a partecipare ai colloqui in una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, ma ha posto come condizione il ritiro dei ribelli houthi dai territori conquistati dall’inizio del conflitto.
La situazione umanitaria diventa ogni giorno più difficile nel paese: i profughi sono 545mila, mentre i beni di prima necessità come cibo, acqua, elettricità e carburante sono sempre più scarsi.
Continuano i bombardamenti della coalizione guidata dall’Arabia Saudita nello Yemen, colpito un centro di accoglienza umanitaria, uccisi cinque rifugiati etiopi, nel nord del paese.
I bombardamenti hanno colpito la città di Maydee, lungo il confine con la provincia di Hajja, una roccaforte dei ribelli houthi che controllano gran parte dello Yemen. Reuters
Le Nazioni Unite hanno annunciato che i colloqui tra le fazioni rivali yemenite avranno luogo a Ginevra, in Svizzera, il 28 maggio. Il segretario generale Ban Ki-moon ha spiegato che l’incontro ha l’obiettivo di “ridare forza a un processo di transizione politica guidato dallo Yemen” per mettere fine a un conflitto che in sette settimane ha provocato la morte di 1.850 persone. Ai colloqui parteciperanno il governo dello Yemen e molte diverse fazioni, tra cui anche i ribelli sciiti houthi, che controllano gran parte del paese.
L’annuncio è stato dato in seguito alle consultazioni tenute da Ban Ki-moon con l’inviato speciale nello Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed. I colloqui di pace promossi dall’Onu erano stati sospesi a gennaio, quando gli houthi hanno lanciato la loro offensiva per prendere il potere nella capitale Sanaa.
La coalizione saudita ha intensificato i suoi raid aerei contro Sanaa, la capitale yemenita controllata dai ribelli sciiti houthi, costringendo migliaia di famiglie a fuggire, dopo la fine della tregua umanitaria. Aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita si sono alternati dalla notte del 19 maggio fino alle prime ore del giorno bombardando case, il palazzo presidenziale e alcuni depositi di armi. Gli attacchi aerei hanno preso di mira anche le basi militari gestite dai sostenitori dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh nella regione di Saada, roccaforte dei ribelli sciiti houthi, e la cittadina di Amran, nel nord del paese. Testimoni hanno riferito di attacchi anche nelle province meridionali del paese, dove continuano i combattimenti tra ribelli e sostenitori del presidente yemenita Abd Rabbo Mansur Hadi.
I cinque giorni di tregua, terminati il 17 maggio, avevano consentito l’arrivo in Yemen di cibo, carburante, medicine e altri beni di prima necessità da parte di agenzie umanitarie. Una nave con aiuti iraniani diretta al porto di Hodeida è stata intanto dirottata a Gibuti per essere ispezionata. Il governo di Teheran, accusato dalla coalizione araba e dagli Stati Uniti di sostenere con armamenti le milizie ribelli sciite, ha detto a più riprese che la spedizione navale di aiuti è stato coordinata con le Nazioni Unite e la Croce rossa internazionale.
Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha annunciato che il 28 maggio sarà inaugurata a Ginevra una conferenza di pace, che avrà l’obiettivo di ridare “slancio al processo di transizione politica”. Il governo yemenita ha però immediatamente fatto sapere che esige il ritiro dei ribelli sciiti houthi come condizione per partecipare ai colloqui.
Dall’inizio del conflitto, il 26 marzo scorso, 1.849 sono le persone rimaste uccise e oltre mezzo milione gli yemeniti costretti ad abbandonare le loro case. Altre 7.394 persone sono state ferite secondo i dati dell’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari.
Non ci sarà nessun accordo di pace per mettere fine al conflitto nello Yemen fino a quando i ribelli houthi non adotteranno la risoluzione del consiglio di sicurezza sul disarmo. Lo ha detto il vicepresidente dello Yemen Khaled Bahah in occasione della conferenza a Riyadh sulla crisi nel paese, dove il governo si è rifiutato di incontrare gli houthi per arrivare a un accordo. Nel comunicato stampa emerso dalla conferenza non viene menzionata la possibilità di futuri colloqui a Ginevra mentre viene sollecitato l’invio di aiuto militare per contrastare l’avanzata dei ribelli.
Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite i morti dall’inizio delle ostilità sono almeno 1.850 e circa 500mila persone hanno dovuto abbandonare le loro case. Afp, Reuters
La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha effettuato nuovi raid su Sanaa, la capitale dello Yemen, con l’obiettivo di colpire le forze fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh, alleati dei ribelli houthi, nella parte orientale e meridionale della città. I bombardamenti sono ripresi dopo una tregua durata cinque giorni per permettere alle organizzazioni umanitarie di portare aiuto alla popolazione, stremata da sei mesi di conflitto. I raid della coalizione sono cominciati il 26 marzo come parte di una campagna per riportare in carica il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi, ora in esilio a Riyadh. Reuters
La coalizione araba guidata dai sauditi ha ripreso in nottata i bombardamenti aerei sullo Yemen dopo la fine della tregua umanitaria di cinque giorni e nonostante l’appello delle Nazioni Unite a continuare il cessate il fuoco.
Diverse fonti hanno riferito di raid aerei ad Aden, la principale città del sud del paese dove sono stati colpiti il cortile del palazzo presidenziale e altri due siti nelle mani dei ribelli houthi, fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh. Il cessate il fuoco è stato revocato alle 23 del 17 maggio (le 22 in Italia). Per l’Onu la situazione umanitaria è “catastrofica”: dall’inizio di marzo sono state uccise 1.600 persone, tra cui molti civili.
I ribelli sciiti houthi hanno boicottato la conferenza di tre giorni organizzata nella capitale saudita per cercare una soluzione alla crisi nello Yemen. Alla conferenza partecipano il presidente dello Yemen, Abd Rabbo Mansur Hadi, il primo ministro Khaled Bahah e circa quattrocento delegati appartenenti alle principali fazioni politiche del paese, compresi i rappresentanti del partito dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh.
Gli houthi, che controllano gran parte del territorio yemenita, si sono rifiutati di partecipare ai colloqui in Arabia Saudita o in qualunque altro paese della coalizione che conduce un’operazione militare nel paese dal 26 marzo. Chiedono invece che i colloqui siano organizzati nello Yemen. Nel suo discorso alla conferenza, il presidente Hadi, in esilio a Riyadh, ha affermato la sua intenzione di tornare a Sanaa e ha fatto appello alla comunità internazionale per contribuire a fermare i combattimenti.
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