Zehinab e Brachisa, una bambina ivoriana e una burkinabé, sono scese a terra nel primo gruppo di migranti che ha lasciato la nave Ocean Viking, attraccata intorno alle 14 del 24 novembre nel porto di Messina con 213 persone a bordo, dopo che il giorno precedente il ministero dell’interno italiano le aveva assegnato un porto di sbarco in Italia. Cappellino rosa e maglione rosso, Zehinab viaggia con sua madre e con la sorellina, Lamina. Invece Brachisa, otto anni, è da sola. La madre è rimasta a Tripoli con una bambina appena nata, ma ha preferito affidare la figlia più grande a un lontano parente per farla uscire dalla Libia e provare a darle un futuro migliore. Così Brachisa si è trovata a bordo di un gommone bianco, partito da Zawiya, circondata da sconosciuti, sperduta e spaventata.
Quando è stata soccorsa, il 19 novembre, 42 miglia a nord di Zawiya, aveva con sé solo uno zainetto, dei vestiti leggeri e un cappello di lana grigio. Sulla nave di Sos Méditerranée e Medici senza frontiere, anche se per pochi giorni, la ragazzina del Burkina Faso è tornata a sorridere. Si è presa cura dei bambini più piccoli che dormivano insieme con lei nel settore riservato alle donne, ha fatto amicizia con Zehinab, sua coetanea, ha giocato con i pastelli colorati che le sono stati regalati sulla nave, si è appassionata allo spezzatino distribuito come pasto. Quando le è stato comunicato che sarebbe arrivata presto in Italia, il suo sorriso si è velato di nuovo di malinconia.
Mentre le donne raccoglievano le loro poche cose e si scambiavano i numeri di telefono per rimanere in contatto, Brachisa si è appartata in un angolo del settore femminile, si è messa a sfogliare nervosamente L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson, pur non sapendo leggere. “Non sono triste”, mi ha detto in inglese. Poi insieme alle altre è corsa sul ponte nonostante la pioggia a osservare le due sponde dello stretto di Messina avvicinarsi alla nave. Allo sbarco ha salutato tutti senza troppi convenevoli, prima di scendere dalla passerella sulla terraferma. Sarà affidata a un centro per minori stranieri, come gli altri 66 minori stranieri non accompagnati presenti sulla nave che nell’ultima settimana ha soccorso 215 persone in tre diverse operazioni nelle acque internazionali al largo della Libia.
La nave era partita dal porto di Marsiglia il 9 novembre, poi dopo l’ultimo salvataggio, il 21 novembre, le era stato indicato Tripoli come porto di sbarco. Ma la Ocean Viking aveva rifiutato perché nessun porto libico al momento può essere considerato un luogo sicuro, secondo le leggi internazionali. Il 23 novembre Roma ha comunicato alla nave che poteva attraccare a Messina, dopo che quattro paesi (Francia, Germania, Malta e Italia) si sono detti disponibili ad accogliere i migranti soccorsi e hanno chiesto alla Commissione europea l’attivazione del dispositivo di ricollocamento.
Il 24 novembre con la stessa procedura è stato assegnato un porto di sbarco anche alla nave umanitaria spagnola Open Arms, che attraccherà a Taranto con 62 persone, e alla nave spagnola Aita Mari, che potrà sbarcare a Pozzallo con 78 persone a bordo. Al momento le due navi si trovano al largo di Augusta, dove si erano andate a riparare dal forte maltempo delle ultime ore.
Ocean Viking dovrebbe tornare a salpare da Messina verso la zona di ricerca e soccorso libica il 26 novembre. “Gli ultimi giorni sono stati particolarmente difficili nel Mediterraneo centrale”, ha commentato Nicholas Romaniuk, capomissione di Sos Méditerranée a bordo di Ocean Viking. “C’è bisogno urgente di un intervento coordinato per prevenire ulteriori perdite di vite nelle prossime settimane, la situazione è molto critica”. Negli ultimi giorni, infatti, sono avvenuti almeno tre naufragi, mentre più di settecento persone hanno provato a lasciare la Libia a bordo di imbarcazioni precarie. Questo sarebbe il segno, secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), che il conflitto nel paese nordafricano è molto deteriorato.
L’ultimo naufragio è avvenuto a un miglio dall’isola di Lampedusa, nel tardo pomeriggio del 18 novembre. Un’imbarcazione di dieci metri partita da Zuara con circa duecento persone a bordo, si è ribaltata. La guardia costiera italiana ha soccorso 149 persone, ma i dispersi sono almeno quindici, mentre sono stati recuperati cinque cadaveri, tutte donne. “Il disastro umanitario in corso in Libia e nel Mediterraneo rappresenta un fallimento degli stati europei”, ha detto Michael Fark, capomissione di Msf per il Mediterraneo e la Libia. “Proprio mentre la Ocean Viking stava aspettando istruzioni per lo sbarco, abbiamo appreso di un altro tragico naufragio al largo di Lampedusa. Queste sono le conseguenze devastanti delle politiche dell’Unione europea sulla migrazione”.
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