Sono più di 1,5 milioni su una popolazione libanese di sei milioni di persone. Vivono a pochi chilometri da casa ma temono di non poterci tornare più. Soprattutto, soffrono per la loro invisibilità. E invece, i profughi siriani in Libano hanno un piano, dice un loro portavoce, Sheik Abdo.
La proposta che Sheik Abdo, maestro di scuola siriano rifugiato in Libano, porta in Europa a nome dei profughi siriani è incentrata sul ritorno. Dopo aver riconquistato città dopo città e sconfitta la resistenza con massicci bombardamenti, il regime siriano si sta dedicando allo spostamento della popolazione. Mettendo così a grave rischio il futuro del paese e il fragile equilibrio comunitario precedente alla guerra.
Sulla questione degli spostamenti della popolazione, la memoria dell’esperienza palestinese è onnipresente nella regione. I palestinesi, scappati nel 1948, non sono mai potuti tornare. E oggi, settant’anni dopo, secondo l’Unrwa 450mila palestinesi vivono ancora nei 12 campi profughi del Libano.
Così, un gruppo di profughi siriani ha redatto una proposta di pace. Vogliono la creazione di una zona umanitaria in Siria, “ovvero di territori che scelgano la neutralità rispetto al conflitto, sottoposti a protezione internazionale, in cui non abbiano accesso attori armati, secondo il modello, per esempio, della Comunità di pace di San José de Apartadó, in Colombia” e dove, sotto la protezione internazionale, siano garantite la sanità e l’istruzione.
Sheik Abdo, accompagnato dall’organizzazione Operazione colomba che lavora nei campi profughi libanesi, sta girando l’Europa per convincere politici e diplomatici a non ascoltare solo quelli che in Siria hanno le armi.
Nella sua chiavetta usb, Abdo porta invece con sé la testimonianza dei siriani disarmati. I bambini, per esempio, che hanno realizzato il valore delle cose una volta che le hanno perse e che raccontano quanto rimpiangano i giorni in cui aspettavano l’autobus per andare a scuola. Su questo, Abdo presenta il lavoro di organizzazioni che pensano davvero al futuro, come Save syrian schools.
A nome di chi parla Sheik Abdo? Rappresenta chiaramente la maggioranza della popolazione siriana, muta, senza voce, che sogna la pace e il ritorno, senza il ricorso alle armi.
Prima della guerra, Sheik Abdo era un maestro elementare ad Al Qusayr, vicino alla città martire di Homs. Nel 1982, Homs fu quasi rasa al suolo dall’allora presidente Hafez al Assad. Oggi è quasi totalmente distrutta per volere del figlio, Bashar al Assad.
Durante proteste pacifiche, Abdo ha visto i cecchini governativi sparare sui manifestanti e ha organizzato ospedali di fortuna per i feriti che non potevano andare in quelli governativi per paura di essere arrestati. La sua attività non è piaciuta al regime e nel 2012 è dovuto scappare e cercare rifugio in Libano: ha attraversato il confine pensando di dover stare lontano da casa solo pochi mesi.
Oggi, adiacente al campo dove vive Abdo, sorge anche una scuola per bambini siriani, di cui è il preside. Il documentario Lost in Lebanon, di Sophia Scott e Georgia Scott, racconta il suo impegno per dare un’istruzione a una generazione di bambini che non ne riceve più, e che rischia di essere lasciata senza voce anche in futuro:
A noi, vere vittime della guerra e veri amanti della Siria, l’unico diritto che viene lasciato è quello di scegliere come morire in silenzio. Ma noi, nel rumore assordante delle armi, rivendichiamo il diritto di far sentire la nostra voce, insieme a coloro che ci sostengono e a chi vorrà unirsi al nostro appello.
Sheik Abdo e gli altri profughi che collaborano con lui mettono in discussione la legittimazione dalla violenza:
Nel nostro paese ci sono centinaia di gruppi militari che, con la sola legittimità data loro dall’uso della violenza e dal potere di uccidere, ci hanno cacciato dalle nostre case. Ancora oggi ci uccidono, ci costringono a combattere, a vivere nel terrore, a fuggire, umiliati e offesi. Ai tavoli delle trattative siedono solo coloro che hanno mire economiche e politiche sulla Siria.
Sheik Abdo sta viaggiando in Europa per diffondere la Proposta di pace per la Siria, e cercare sostegno a più livelli: politico, istituzionale, popolare, perché oggi “in Libano la situazione è insostenibile, ed è urgente che i profughi siriani abbiano un posto dove poter vivere in pace, senza rischiare la vita”.
Iniziative come quella di Sheik Abdo sono fondamentali, permettono di dare dignità e voce a più di 5,6 milioni di profughi siriani e a più di sei milioni di profughi interni in Siria che vivono oggi senza nessuna prospettiva.
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